Il livello estetico del film è quello di un videogame, e nell'ostentazione della violenza risulta infantile, regressivo, irresponsabile, diretto a un pubblico tra i 15 e i 25 anni, di supposti vidioti di ambo i sessi, ubriachi di pubblicità, discoteche, pornofumetti violenti.
BY MORANDINI 2008
"È molto più etico mostrare queste cose che non mostrarle, è liberatorio" ecco la tesi di questi autori, psichicamente disturbati, che hanno invaso il cinema come brutte metastasi. Kounen ha fatto un suo calcolo: "Tarantino è trash, violento eccetera, ebbene io lo sarò più di lui. I miei cattivi saranno più cattivi, i miei cervelli schizzati saranno più schifosi, il mio mondo puzzerà più del suo. E poi io ti mostro anche un bimbo nella culla torturato e questa è un'esclusiva, nemmeno Quentin era arrivato a tanto". Dobermann è un rapinatore. Si accompagna alla Bellucci muta, a un paio di teppisti e a un travestito, tutti squisitamente (ripetiamo) tarantiniani. Vengono tallonati dal poliziotto (Karyo), che è peggiore di loro (è lui che tortura il bambino, per far parlare i genitori). Dopo tutto il trash possibile il gruppetto la fa franca e si allontana festosamente in macchina. La Bellucci: carina, ma forse si capisce perché deve emigrare per lavorare. Ecco un altro titolo che entra nel club dei "nessuna stella", come Bambola, Crash, Dal tramonto all'alba & compagnia
BY FARINOTTI 2007
Ma perché io devo leggere certe idiozie prima di vedere un film?
Perché poi devo leggerle sapendo che un sacco di gente dando un occhio a queste quattro righe molto probabilmente non prenderà neanche in considerazione la pellicola considerandola pari a una cacca?
Come si può vedere un film come “Dobermann” dopo aver letto recensioni del genere?
Non si può.
Ricordo benissimo come conobbi questo film: una sera al liceo accesi la tv sul tardi e mi trovai davanti a un pazzo che rideva che nel bel mezzo di una partita di tennis (di cui lui era un giocatore) tirava fuori una pistola lunga mezzo metro e sparava alla pallina perché credeva di essere stato fottuto.
Un ricordo particolare, senza dubbio.
Il mattino dopo ricordo anche che io e un compagno ci trovammo a discutere di questa pellicola che nessuno vide tranne noi: “Dobermann” divenne quasi un mito.
E i miti si sa, vivono nella memoria.
Fino a pochi giorni fa quando, incuriosito dal ricordo, decisi di recuperarlo.
Farinotti la definisce in sostanza una pellicola Tarantiniana da quattro soldi.
Vediamo cosa posso dirvi io.
“Dobermann” è molto Tarantiniano certo (non ci vuole Farinotti per capirlo) ma è anche un film molto Europeo.
Jan Kounen (regista fino ad allora di spot tv e qualche cortometraggio) dirige una di quelle pellicole che potrebbero essere chiamate benissimo: film- bordello.
In cui succede di tutto ma in realtà non accade nulla.
“Dobermann” mette in scena una banda di criminali uno più eccessivo dell’ altro (uno grande e grosso ama i cani e gioca a tennis con il gilet di pelle, uno è un pazzo furioso che spara per ogni cosa, uno si masturba ovunque, uno si traveste, uno è un prete fuso di testa e e via dicendo) comandati dal figaccione Dobermann (con relativa compagna sordomuta) contro una squadra di poliziotti comandati da un mezzo nazista pazzo sniffatore.
Ecco, ho detto tutto.
La pellicola ve la lascio immaginare: una serie di scorrettezza di ogni tipo (la “tortura” ai danni del bambino dettata dal Farinotti non è altro che un bambino che gioca con una bomba a mano che NON esplode) tra teste che saltano, esplosioni gigantesche, pistoloni spararazzi e chi più ne ha più ne metta nel nome dell’ eccesso più totale.
A tutto questo si aggiunga quell’ Europa di cui parlavo.
Perché Kounen, pur tarantinando qua e la, ci mette quel gusto per l’ inseguimento in macchina o per la scena violenta puramente europeo: pochi fronzoli, poche sottigliezze.
Se una testa deve esplodere facciamola esplodere dentro un casco in mezzo ad una strada, se una macchina deve andare a tutta velocità in mezzo al traffico facciamo sentire questo benedetto cambio impazzito, se dobbiamo prendere una ragazza sordomuta scegliamo la Bellucci.
E nei panni del figaccione? È ovvio: Vincent Cassel.
Jan Kounen scrive un soggetto all’ ordine dell’ eccesso e degli anni ’90: personaggi disadattati, pazzi, estremi in ogni senso che però devono essere simpatici al pubblico.
E così via alle strambaggini del prete che dice un passo della bibbia mentre fa esplodere un uomo (questo è eccessivamente tarantiniano!), a quelle del pazzo la cui moglie telefona ogni volta nel mezzo delle rapine e all’ estremo rigore (ovvio) del capo della banda Dobermann che risulta sempre bello, pettinato, occhialato e sbaciucchiato.
Il regista (sempre Kounen) dirige con un occhio a Tarantino e l’ altro pure anche se, come detto, l’ Europeizzazione è forte e alcune scene (come quella psichedelica sul finale) fanno pensare a qualcosina di più che ad un emulatore mal riuscito.
Nel 1998 Guy Ritchie con il suo “Lock e Stock- Pazzi scatenati” riuscirà a rendere meglio il verbo di Tarantino nella vecchia Europa ma è logico che lo stesso Ritchie passi anche da Kounen per certe visioni che poi diverrano suo marchio di fabbrica (mi riferisco ai primi piani velocissimi che entrambi utilizzano).
“Dobermann” dal mito che era cade nella mediocrità a dirla tutta: nella sua voglia di far godere lo spettatore Tarantiniano esagera.
Non nella violenza (sopportabilissima) o nel richiamo ai pornofumetti violenti che Morandini cita (ma cosa sono???) ma semplicemente nel suo voler far apparire così eccessiva una società che così eccessiva non è.
Non si tratta più del mafioso Travolta che ci fa sorridere mentre sta seduto sul cesso o di Samuel L. Jackson che recita un passo della Bibbia prima di uccidere: qui si tratta di veri e propri pagliacci in una società pagliaccesca.
Ho perso un altro mito.
REGIA Jan Kounen
ANNO: 1998
GENERE: Pulp, Tarantino
VOTO: 6 (perché comunque alcune cosette come lo scontro finale, la scena psichedelica e qualche battutina funzionano egregiamente per il genere)
QUANTO SEMBRA IN GRADO DI RECITARE LA BELLUCCI ZITTA: 7
CONSIGLIATO A CHI: agli amanti del pulp e di questo genere di pellicole esagerate
NON CONSIGLIATO: a Pino Farinotti.