Era il primo o il secondo
anno di università quello in cui, al milionesimo viaggio in treno
tra Alessandria e Torino, vidi per la prima volta una stradina che
costeggiava il 90% dei binari tra la cittadina in cui tutti
vorrebbero essere milanesi e quella che i milanesi li piglia per il
culo.
Decisi che dovevo
percorrerla a piedi.
Non che avessi qualche
motivo in particolare per farlo o la mia vita stesse andando
particolarmente male (a quale ragazzo sano di mente potrebbe andar
male la vita al primo anno di università?), semplicemente mi andava.
Passò un'estate, due,
tre, quattrocinqueseisette e anche otto e alla nona (no, facciamo
alla decima) finalmente e vergognosamente mi decisi: misi lo zaino in
spalla e arrivai a metà percorso prima di abbandonarmi allo
sconforto e tornare a casa con un risentimento verso me stesso che
faticai a mandare giù per mesi interi.
Averci messo un'eternità
a decidermi e aver abbandonato a metà strada un percorso di soli 90
km mi fa incazzare, vergognare e anche un po' ridere a dire la
verità. Ma davvero poco a dirla tutta.
Passa un altro anno e la
camminata non è dimenticata, ma messa in un angolino nascosto, al
buio, dove posso dimenticarla con piacere, quasi senza accorgermene.
Poi pochi giorni fa in
libreria, insieme all'unico vero grande amico rimasto dai tempi
dell'università, quello che anche se non lo vedi per due anni sei
capace di parlare ancora per 3 ore come se non fosse passato un
giorno dai tempi in cui la musica, il cinema, gli USA e i grandi
sogni erano tutto, andiamo verso lo scaffale della narrativa di
viaggio. Ne siamo appassionati entrambi e il grande on the road negli
Stati Uniti di cui entrambi vaneggiavamo all'università alla fine
lui è riuscito a farlo. Beato lui, coglione io.
L'uomo che fece il giro
del mondo a piedi è il libro che attira la nostra attenzione quasi
subito: in fondo siamo ancora gli stessi pirla sognatori di allora,
con un lavoro che ci fa più o meno schifo ma ci consente di vivere e
una voglia di andarsene da questo stato farlocco che ancora adesso
conteniamo senza sapere bene il perché.
Passano due, tre giorni,
il tempo di finire lo Stephen King più recente e mi butto sul
racconto di Dave Kunst e del suo giro intorno al mondo iniziato nel
1970 con il fratello John.
Ed è subito voglia di
rimettersi in viaggio.
Il libro di Kunst non è
assolutamente un libro perfetto, risente della visione USAcentrica
del suo autore (sul finale si parla addirittura di una classifica
immaginaria stilata dai sue fratelli su quanto fossero arretrati gli
stati attraversati rispetto alla loro nazione d'origine) e del
passaggio di ben 45 anni dall'impresa che entrò direttamente nel
guinness dei primati (ad oggi non sono nemmeno dieci le persone ad
aver circumnavigato il mondo a piedi, ma ai tempi Dave fu il primo e
solo), ma è uno dei pochi resoconti di viaggio letti nella mia vita
capace di tenerti incollato alla pagina senza troppe iperboli e
grandi insegnamenti di vita.
Kunst (insieme al
giornalista e scrittore Clinton Trowbridge) non segue una linea retta
fatta di date e avvenimenti, ma sembra lasciarsi andare ad un flusso
di ricordi che riempiono le pagine con naturalezza, senza annoiare e
senza nemmeno accelerare troppo quel viaggio che ha occupato quattro
lunghissimi anni della sua vita.
Si sente nelle sue parole
quella sorta di nostalgia e orgoglio che traspare solo dalle voci di
chi è riuscito a compiere il proprio sogno nella vita: quello del
camminatore del Minnesota, arrivato quasi all'improvviso in un giorno
qualunque di una normalissima vita di provincia, era di compiere il
giro del mondo a piedi e, nonostante una serie di imprevisti a dir
poco spaventosi (compresa la morte del fratello a metà percorso
raccontata nel primo capitolo) e un'attrezzatura che oggi farebbe
ridere letteralmente i polli (scordatevi scarpe da ginnastica,
abbigliamento tecnico, tende iperleggere, bevande iperenergetiche o
chissà che altro, qui si parla di scarpe da passeggio, un cappello a
tesa larga, camicia da Indiana Jones, Coca Cola e un carro trainato
da un mulo), lui ci è riuscito.
E io ancora non ho
percorso quei 90 km.
PS: Il libro è edito da
Edizioni dei cammini, una casa editrice fondata piuttosto
recentemente che, come da nome, si dedica al camminare. Fatti i
complimenti per l'idea, le splendide copertine e l'impaginazione (non
scontati), mi rimane solo un piccolo rimprovero per alcuni refusi
letteralmente da urlo: un "havrebbe" da manicomio è quello
che mi è rimasto più impresso, ma l'augurio è quello di avere
tanti lunghissimi anni in cui migliorare anche in queste piccole
cose. Si meritano tutta la fortuna possibile, per l'idea sicuramente,
ma anche per il coraggio avuto nel metterla in pratica in questi
tempi bui per l'Italia libraria e non solo.
THE MAN WHO WALKED AROUND THE WORLD: A TRUE STORY- L'UOMO CHE FECE IL GIRO DEL MONDO A PIEDI
AUTORE: Dave Kunst
ANNO:2015
GENERE: Biografia
VOTO: 7,5
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