giovedì 16 luglio 2015

LACIO DROM


 
Era il primo o il secondo anno di università quello in cui, al milionesimo viaggio in treno tra Alessandria e Torino, vidi per la prima volta una stradina che costeggiava il 90% dei binari tra la cittadina in cui tutti vorrebbero essere milanesi e quella che i milanesi li piglia per il culo.
Decisi che dovevo percorrerla a piedi.
Non che avessi qualche motivo in particolare per farlo o la mia vita stesse andando particolarmente male (a quale ragazzo sano di mente potrebbe andar male la vita al primo anno di università?), semplicemente mi andava.
Passò un'estate, due, tre, quattrocinqueseisette e anche otto e alla nona (no, facciamo alla decima) finalmente e vergognosamente mi decisi: misi lo zaino in spalla e arrivai a metà percorso prima di abbandonarmi allo sconforto e tornare a casa con un risentimento verso me stesso che faticai a mandare giù per mesi interi.
Averci messo un'eternità a decidermi e aver abbandonato a metà strada un percorso di soli 90 km mi fa incazzare, vergognare e anche un po' ridere a dire la verità. Ma davvero poco a dirla tutta.
Passa un altro anno e la camminata non è dimenticata, ma messa in un angolino nascosto, al buio, dove posso dimenticarla con piacere, quasi senza accorgermene.
Poi pochi giorni fa in libreria, insieme all'unico vero grande amico rimasto dai tempi dell'università, quello che anche se non lo vedi per due anni sei capace di parlare ancora per 3 ore come se non fosse passato un giorno dai tempi in cui la musica, il cinema, gli USA e i grandi sogni erano tutto, andiamo verso lo scaffale della narrativa di viaggio. Ne siamo appassionati entrambi e il grande on the road negli Stati Uniti di cui entrambi vaneggiavamo all'università alla fine lui è riuscito a farlo. Beato lui, coglione io.
L'uomo che fece il giro del mondo a piedi è il libro che attira la nostra attenzione quasi subito: in fondo siamo ancora gli stessi pirla sognatori di allora, con un lavoro che ci fa più o meno schifo ma ci consente di vivere e una voglia di andarsene da questo stato farlocco che ancora adesso conteniamo senza sapere bene il perché.
Passano due, tre giorni, il tempo di finire lo Stephen King più recente e mi butto sul racconto di Dave Kunst e del suo giro intorno al mondo iniziato nel 1970 con il fratello John.
Ed è subito voglia di rimettersi in viaggio.
Il libro di Kunst non è assolutamente un libro perfetto, risente della visione USAcentrica del suo autore (sul finale si parla addirittura di una classifica immaginaria stilata dai sue fratelli su quanto fossero arretrati gli stati attraversati rispetto alla loro nazione d'origine) e del passaggio di ben 45 anni dall'impresa che entrò direttamente nel guinness dei primati (ad oggi non sono nemmeno dieci le persone ad aver circumnavigato il mondo a piedi, ma ai tempi Dave fu il primo e solo), ma è uno dei pochi resoconti di viaggio letti nella mia vita capace di tenerti incollato alla pagina senza troppe iperboli e grandi insegnamenti di vita.
Kunst (insieme al giornalista e scrittore Clinton Trowbridge) non segue una linea retta fatta di date e avvenimenti, ma sembra lasciarsi andare ad un flusso di ricordi che riempiono le pagine con naturalezza, senza annoiare e senza nemmeno accelerare troppo quel viaggio che ha occupato quattro lunghissimi anni della sua vita.
Si sente nelle sue parole quella sorta di nostalgia e orgoglio che traspare solo dalle voci di chi è riuscito a compiere il proprio sogno nella vita: quello del camminatore del Minnesota, arrivato quasi all'improvviso in un giorno qualunque di una normalissima vita di provincia, era di compiere il giro del mondo a piedi e, nonostante una serie di imprevisti a dir poco spaventosi (compresa la morte del fratello a metà percorso raccontata nel primo capitolo) e un'attrezzatura che oggi farebbe ridere letteralmente i polli (scordatevi scarpe da ginnastica, abbigliamento tecnico, tende iperleggere, bevande iperenergetiche o chissà che altro, qui si parla di scarpe da passeggio, un cappello a tesa larga, camicia da Indiana Jones, Coca Cola e un carro trainato da un mulo), lui ci è riuscito.
E io ancora non ho percorso quei 90 km.

PS: Il libro è edito da Edizioni dei cammini, una casa editrice fondata piuttosto recentemente che, come da nome, si dedica al camminare. Fatti i complimenti per l'idea, le splendide copertine e l'impaginazione (non scontati), mi rimane solo un piccolo rimprovero per alcuni refusi letteralmente da urlo: un "havrebbe" da manicomio è quello che mi è rimasto più impresso, ma l'augurio è quello di avere tanti lunghissimi anni in cui migliorare anche in queste piccole cose. Si meritano tutta la fortuna possibile, per l'idea sicuramente, ma anche per il coraggio avuto nel metterla in pratica in questi tempi bui per l'Italia libraria e non solo.

THE MAN WHO WALKED AROUND THE WORLD: A TRUE STORY- L'UOMO CHE FECE IL GIRO DEL MONDO A PIEDI
AUTORE: Dave Kunst
ANNO:2015
GENERE: Biografia
VOTO: 7,5


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