martedì 31 luglio 2007

THE BREAK UP- TI ODIO, TI LASCIO, TI...


Se avete mancato di leggere la mia recensione di Prime ( peraltro pellicola davvero piacevole!) ve lo dico ora: non apprezzo la commedia romantica.
Se a questo aggiungete un orrido titolo italiano (ma un giorno conoscerò qualcuno di questi titolisti e giuro che mi vendicherò per tutte le storpiature che mi tocca sopportare!) potete immaginare la mia voglia di vedere questo film.
Mi siedo rassegnato e pigio play, sperando con tutto il cuore che la mia ragazza ci abbia azzeccato per l’ ennesima volta (anche se “Mr e Mrs Smith” mi sta ancora un po’ qui!).
Un incontro occasionale in uno stadio, il corteggiamento, la felice vita di coppia raccontata con le solite foto da fidanzatini felici piene di sorrisi e dolcezze: la storia è finita, tutti a letto!
No! Stop! Alt!
Se nella classica commediola tutto ciò occuperebbe un’ ora e mezza (quando va male anche due!) di pellicola, qui passa tutto in 5 minuti: ha inizio il vero film, quello che racconta la crisi e il successivo quanto graduale allontanamento di Gary e Brooke.
Lo so: state pensando a quanti drammoni o finte commedie ci sono sull’ argomento ma qui, credetemi, c’ è qualcosa di diverso.
Non sembra di assistere ad una stupida e banale separazione da film, di quelle tutte urla, battibecchi, scenate teatrali e ridicola risoluzione finale. Il regista (Peyton Reed) riesce, grazie ad un ottimo soggetto scritto dallo stesso protagonista del film, Vince Vaughn, a darci un’ idea di quello che può significare per una coppia spaccarsi letteralmente in due.
Non si tratta di prendere un filo e spezzarlo in due in un nanosecondo, si tratta di prendere un fascio di fili elettrici e cercare di strapparli tutti in una volta, senza riuscirci, con il conseguente passaggio di una minima scossa elettrica fino a quando l’ ultimo filo non è reciso.
Dopo una cena con gli insopportabili quanto caricaturali parenti di lei ci si rende conto che non tutto va per il verso giusto: le foto tutte sorrisi e abbracci sono solo una faccia della medaglia, perché, come in tutti gli album fotografici di famiglia, mancano quelle foto venute male, nascoste dietro ad altre con sorrisoni a 32 denti.
La vera crisi sembra iniziare per uno stupido rifiuto di Gary di lavare i piatti ma pian piano che la pellicola prosegue si comprende quanto le basi del rapporto fossero già corrose prima dello scossone finale.
Da questo momento ha inizio quella che si può definire la parte più leggera del film (è assurdo ma è così!), un continuo tentativo dei due di riavvicinarsi all’ altro senza mai riuscirci: si sbaglia il modo (si cerca di ingelosire l’ altro), si sbaglia il tempo (quando lei lo rivuole lui è ancora diffidente e viceversa), si parla, in definitiva, una lingua diversa.
I lunghi anni passati insieme non bastano per comprendersi: i due credono i conoscersi alla perfezione ma in realtà conoscono solo le foto più belle, quelle messe in bella mostra per l’ altro in modo che tutto sembri combaciare alla perfezione.
Quando Vaughn e la Aniston tirano fuori ciò che non hanno potuto esibire per anni all’ interno di un splendido rapporto in realtà limitante per entrambi è la fine: entrambi vogliono essere accettati per tutto quello che sono ma entrambi vorrebbero ritrovare lo stesso rassicurante partner pre- crisi.
Se a tutto ciò aggiungete un’ assurda situazione in cui i due si ritrovano a vivere da separati in casa (lui con tutta la sua testardaggine sul divano e lei con tutti i suoi pianti sul letto), allora tutto si fa estremamente più difficile.
Se vi state chiedendo dove sta la commedia in tutta questa tristezza vi posso assicurare che l’ elemento comico è presente, soprattutto grazie ad uno straordinario Vince Vaughn, sempre brillante e spontaneo e ad una Jennifer Aniston adattissima al genere con quel suo sorriso felice e malinconico allo stesso tempo, ma io non sono dell’ umore adatto per sottolinearlo a sufficienza.
Ora provate a prendere un fascio di fili molto sottili e a strapparli tutti insieme, sono sicuro che alcuni rimarranno intatti, magari non quelli esterni in piena vista ma alcuni all’ interno si, ne sono sicuro.
REGIA: Peyton Reed
ANNO: 2006
GENERE: Commedia romantica (ma non troppo)
VOTO: 7,5
QUANTO è UN SEX SYMBOL VINCE VAUGHN: 2
CONSIGLIATO A CHI: Vuol passare una bella serata rilassante riflettendo su quanto può essere dannoso un rapporto basato sulla falsa felicità.

venerdì 27 luglio 2007

MR & MRS SMITH


Lo ammetto: certe volte (molte a dir la verità) guardo delle cose davvero improponibili consapevole del loro alto livello spazzaturifero.
Ma c’ è un limite a tutto.
Se mi svacco sul mio divanone e metto nel lettore un film che ha incassato solo in America mezzo miliardo di dollari con protagonisti due tra gli attori più pagati al mondo (per chi non lo sapesse Angelina Jolie e Brad Pitt), qualcosa di decente mi aspetto! O no?
Si, me lo aspetto.
No, non arriva niente di decente.
Un trionfo di esplosioni, peripezie, salti, corde, gadget tecnologici, battute squallide, personaggi sottili come il mio foglio di carta in cui sono in rilievo le labbrone di Angelina e il fisicaccio di “faccia quadrata” Brad.
Sembra di assistere alla versione mal fatta dell’ ultimo 007 (e guardate che non è assolutamente un capolavoro), con una trama a dir poco risibile.
Mr e Mrs Smith sono due agenti segreti sposati ma nessuno dei due sa che il partner è in realtà un suo collega. Il problema (e qui arriva la fantasia…) è che i due lavorano per agenzie diverse e un giorno vengono incaricati di uccidersi a vicenda.
Se nella prima parte si gioca sulle bugie dei protagonisti, sui loro sguardi e i loro presunti segreti (addirittura in qualche scena può scapparci una risata grazie anche a quella sagoma di Vince Vaughn) nella seconda parte sembra di vedere un filmaccio d’ azione anni 80 con un budget stratosferico.
Certo: Angelina è ben vestita e ben formata, Brad è l’ uomo che molti vorrebbero, la regia è cristallina, capace di rendere tutta l’ azione con il minimo sforzo.
Ma a me cosa me ne frega?
Non mi importa della relazione nata durante il set tra i due.
Non mi importa delle loro mille adozioni (anche se è cosa buona e giusta).
Non mi importa delle tette di Angelina (se proprio dovete guardare delle tette uscite di casa e smettete di guardare certi filmacci che vi si baca il cervello).
Non mi importa della scena hot tra i due (mah!).
Io credevo di aver messo un film nel lettore e invece mi ritrovo con una sfilata di moda (guardatevi “Il diavolo veste Prada” per tanto così!) molto movimentata.
E, per carità, non venitemi a raccontare del messaggio sottile che il film ci vuole trasmettere: l’ amore va oltre il lavoro, le bugie ed ogni avversità (giuro che questa non me la sono inventata ma l’ ho letta da qualche parte su internet!).
È possibile che uno non possa mai, e dico mai mai mai, fidarsi di un buon cast o di un buon regista?
È possibile che i film come questo incassino lire (euro pardon!) di Dio quando persino “Atto di Forza” con Schwarzenegger era meglio?
È possibile che qualcuno pensi questo sia un buon film d’ azione quando ne esistono centinaia di infinitamente superiori?
Ma soprattutto è possibile che io durante 15 giorni di vacanza sia riuscito a vedere più film brutti di quanti un uomo sano di mente riesca a vederne durante un anno intero?
REGIA: Doug Liman
ANNO: 2005
GENERE: Azione
VOTO: 4,5
QUANTO SONO GLAMOUR BRAD E ANGELINA: 10
CONSIGLIATO A CHI: vuole vedersi una belle sfilata di moda- action, ama il fumo ma odia l’ arrosto.

DESCENT- NATURAL DISASTER, AL CENTRO DELLA TERRA


Per il ciclo Alta Tensione in prima tv su canale 5: “Descent- Al centro della Terra”.
Insomma: l’ eroe bello e un poco dannato che salva tutto e tutti in qualunque modo, in qualsiasi luogo, in ogni tempo. La belloccia di turno che prima odia l’ eroe ma poi lo ama alla follia. Il bravo che si rivela cattivo ma che in punto di morte si sacrifica per gli altri così ridiventa bravo. Il classico colonnello che se ne frega delle vite umane per salvare l’ AMERICA! Il classico improbabile disastro naturale che sembra che debbano morire tutti ma poi non muore nessuno. I tot personaggi inutili che muoiono per portare a termine la missione. La solita missione spaccamaroni che una volta sono nello spazio, una volta in superficie, una volta sotto Terra ma alla fine fan sempre le solite cose (spaccano i maroni).
Aggiungeteci Luke Perry (si… è Dylan di Beverly Hills…) nella parte del bello e una serie di attorucoli più o meno famosi (meno, meno), mettete che tutti i vulcani della Terra stanno per esplodere per chissà quale motivo (ucci ucci gli esperimenti segreti del governo!), mettete che una missione parte con delle strane macchine a forma di talpa per andare a più di 20 chilometri di profondità per piazzare delle cariche che salveranno il mondo, mettete che succede per forza qualche casino per cui muoiono tutti meno Luke e la protagonista, mettete che alla fine loro si salvano e si baciano su un gommone (e non venitemi a dire che vi ho svelato il finale perché di solito sto attento a non farlo ma con certe cose…).
Ora prendete un pirla, mettetelo sul divano e costringetelo a guardare l’ orrido filmaccio con certi effettacci e certe riprese ripetute 10 volte nel corso di un’ ora per far vedere come partono le macchine- talpa.
I risultati possono essere differenti: ci sarà chi disgustato cambierà canale e dopo 10 minuti, accorgendosi che il palinsesto tv in Italia in estate è nullo si metterà su un dvd o uscirà per una più salutare bevuta e chi, come il sottoscritto, si guarderà tutta la pellicola, in preda a risate incontrollate, urla disumane che invocano la morte del nostro Luke e interminabili momenti di silenzio in cui si cerca di capire se il regista ci è o ci fa.
Questa recensione è scritta con le chiappe? Si.
Per un film diretto con le chiappe non posso far altrimenti mi dispiace.
REGIA: Terry Cunningham
ANNO:2005
GENERE: fantascienza, alta tensione
VOTO: 2
QUANTO è LA VERSIONE FATTA MALE DI ARMAGEDDON: 9
CONSIGLIATO A CHI: è nostalgico di Dylan, si spera nessuno.

giovedì 26 luglio 2007

THE STAND- L' OMBRA DELLO SCORPIONE


Me le cerco.
Me ne rendo conto.
Eppure a rovistare nella spazzatura a volte si trovano veri e propri tesori.
Per l’ ennesima volta non ne ho trovati.
Capita.
Capita che un ragazzo decida di leggere qualcosa di Stephen King un giorno.
Capita che il primo libro che si trova tra le mani non sia il tanto acclamato “It” ma qualcosa di meno conosciuto (ma non dai veri lettori di King): “The Stand” , più conosciuto in Italia con l’ assurdo titolo de “L’ ombra dello scorpione”.
Capita che quel ragazzo si innamori di quel libro e scopra anni dopo, con internet a disposizione, che ne esiste una trasposizione per la tv, una miniserie di 4 puntate della durata totale di 6 ore.
Capita che quel ragazzo si fidi, dica: “Chissà quanto è bello!”, per poi ricordarsi 10 secondi dopo che il 90% delle pellicole tratte dai libri di King sono a dir poco ignobili.
Capita che il regista di questa meraviglia tanto attesa sia tale Mick Garris, capace di girare una trasposizione per la tv di “Shining” imbarazzante (con il coraggio di farlo dopo il capolavoro di Kubrick addirittura), e un altrettanto penoso adattamento di “Desperation”.
Capita che il ragazzo abbia un cuore d’ oro e decida comunque di andare avanti scoprendo nel cast della serie attori su cui riporre un minimo di fiducia: Gary Sinise, Rob Lowe, Ed Harris bastano a dargli la spinta decisiva per vederlo.
Capita che il malcapitato trovi un amico disposto a torturarsi con lui e dopo mesi di rimandi l’ amico trovi altri pazzi disposti a sacrificarsi, addirittura senza mai aver letto il libro.
La pellicola ha inizio, si decide di vederla in due serate per non stramazzare sul divano a metà.
La trama è tipicamente anni ’80 (il libro è più precisamente del ’78), un epidemia mortale si diffonde a causa di un errore in un laboratorio sperduto e la conseguente fuga di uno dei sorveglianti ormai infettato. La malattia è veloce e mortale nel 99% dei casi ma qualcuno riesce a sopravvivere (non chiedetevi perché, non ha senso chiederselo in trame del genere). I sopravvissuti hanno degli strani sogni in cui vedono, a seconda della loro bontà o meno, una vecchia signora che li invita ad andarla a trovare o uno strano uomo vestito con jeans a vita alta e giubbotto di jeans chiaro (che più anni ’90 di così c’ è solo Donna di Beverly Hills) vagamente somigliante a Bobo Vieri che, a sua volta, li invita nella lussuriosa Las Vegas.
Insomma ancora una volta King mette a confronto il bene e il male (ma ricordatevi che questo fu uno dei suoi primi libri quindi non si dovrebbe dire ancora una volta!), da una parte la vecchina mamma Abigail è portatrice della parola di Dio, dall’ altra tale Randall Flagg è il messaggero del diavolo, se non il diavolo stesso.
Detto questo mi fermo. Sulla trama non voglio dire nient’ altro, se volete saperne di più fatemi il piacere di leggere il libro e non ciò di cui vi sto parlando, farete un piacere a me ma anche ai vostri occhi. Dopo aver letto il libro, se proprio volete, chiamate degli amici, ubriacatevi e fatevi 4 risate con il film, giusto 4 non di più.
Venendo agli attori mi tolgo subito un piccolo sassolino dalla scarpa: fanno tutti estremamente pena con l’ eccezione di Gary Sinise e Ed Harris (confinato però in una particina piccola piccola, giusto per non rovinare la media).
Rob Lowe nei panni di un sordomuto fa ridere: a volte capita di vederlo annuire con la testa anche se qualcuno gli parla alle spalle (ma è sordomuto come fa!?), mentre il linguaggio dei gesti si limita a due- tre segni.
Bill Fagerbakke (tanto per essere chiari: è la voce di Patrick Stella in Spongebob) nella parte del ritardato mentale Tom Cullen potrebbe anche convincere inizialmente ma alla lunga è a dir poco irritante.
Le attrici principali Molly Ringwald e Laura San Giacomo: no comment (e vi assicuro che non discrimino nessuno!). Ruby Dee nella parte di mamma Abigail è invece quasi credibile.
Jamey Sheridan nella parte di Randall Flagg è ridicolo punto e basta.
Se il libro è scritto in modo da non poter smettere di leggere (la struttura è simile a quella del “Signore degli anelli” con un capitolo per ogni personaggio o gruppo), la pellicola è tesa come un savoiardo inzuppato nel latte. Se è accettabile che le prime due parti siano abbastanza lente (d’ altronde anche nel libro ci vengono presentati solo i personaggi anche se con tutt’ altro stile), è invece irritante il fatto che nelle ultime due parti, pregne di eventi, ci si annoi ancora di più.
Senza stare a sottolineare quanto siano inguardabili certi effetti speciali (partendo dalla trasformazione di Randall Flagg realizzata seguendo lo stile dei mostri della serie tv di “Hercules” fino ad arrivare ad un orribile visione fatta con un commodore 64, si spera, di una città inesistente), la regia è piatta, banale, priva di mordente e a tratti ridicola.
Tutti i messaggi del libro di Stephen King (che vi fornirò in una prossima recensione del romanzo) vanno persi in una delle peggiori trasposizioni che io abbia mai visto.
Insomma se “Brivido” poteva far ridere per quanto faceva schifo questo al massimo annoia.
Capita che il ragazzo attenda fino all’ ultimo per la mitica scena finale trovandosi di fronte a un orribile effetto computerizzato che gli fa fare 4 risate. Giusto 4 non di più.
REGIA: Mick Garris
ANNO: 1994
GENERE: apocalittico
VOTO: 2
QUANTO DEV’ ESSERE PARACULATO MICK GARRIS PER PRODURRE CERTE OSCENITà: 10
CONSIGLIATO A CHI: ha letto il libro e vuole rimanere deluso dall’ ennesima trasposizione mal fatta. A chi non ha letto il libro consiglio vivamente di sedersi sul divano pronto a inveire contro il regista, il film, gli attori, gli effetti speciali bla bla bla.

PRIME


Gli elementi per starci lontano c’ erano tutti: una commedia romantica (la sola definizione funziona per me come l’ Autan per le zanzare) in cui una donna di 37 anni (Uma Thurman) appena uscita da una difficile separazione si innamora quasi per caso di un uomo 14 anni più giovane (Bryan Greenberg) che scoprirà essere solo in seguito il figlio della sua psicoanalista (Meryl Streep).
Ma si sa: a volte puoi spruzzarti intere bombolette di Autan e le zanzare saranno ancora li a pungerti, incuranti del tuo insopportabile puzzo e del tuo portafogli alleggerito per un prodotto inutile.
Così, nonostante i miei dubbi, incoraggiato dalla presenza di una Meryl Streep appena vista nel più che buono “Il diavolo veste Prada” , mi sono deciso: divano, dvd, ragazza (è immancabile per questo genere di film) e una buona dose di pazienza per sopportare i prevedibili equivoci, la prevedibile storia smielata dal lieto fine e il prevedibile belloccio di turno.
E invece.
E invece mi sono ritrovato davanti ad un buon prodotto: complici le fantastiche interpretazioni della Thurman (forse mai così bella e naturale) ma soprattutto di Meryl Streep (capace di dare un volume persino a un personaggio come questo che sarebbe stato piatto come un cerchio disegnato su un foglio se interpretato da chiunque altro) la pellicola scorre via che è un piacere nella sua ora e mezza.
Per una volta sembra di non essere davanti alla solita fiaba cinematografica: i personaggi sono credibili anche se a volte volutamente caricaturali (si veda la famiglia ebrea di lui) e la storia risulta non così irreale grazie anche ad un finale meno sdolcinato del solito. Il regista contribuisce a questo clima di “realtà” girando alcune scene come quelle a tavola o nella casa di lui con una telecamera in spalla, in modo che tutto sembri più veritiero.
Una vena di ironia mai sgradevole fa capolino dietro a una sceneggiatura più che buona e Younger cerca in tutti i modi di evitare certi noiosi clichè da commedia romantica anche se non sempre ci riesce.
Non è mia intenzione star qui a svelarvi i profondi significati che un critico cervellotico riuscirebbe a trovare in una pellicola come questa (certo ci sono spunti di riflessione come la critica al sistema terapeutico ma siamo sicuri di voler addentrarci in certe noiose discussioni?), destinata semplicemente a far passare una bella serata in compagnia della propria ragazza/o, ne voglio star qui a dirvi che, si, esistono ancora nel 2007 (leggete bene: 2007) famiglie non in grado di accettare persone di differente cultura/ religione/ colore della pelle (2007 ragazzi!) come sposo/a dei propri figli.
Insomma, per l’ ennesima volta l’ Autan non ha funzionato (per non parlare di quell’ altro “Ne punti ne unti”) ma questa volta mi è andata bene, chissà magari un giorno riuscirò addirittura ad accettare il fatto che le zanzare alla fin fine mi pungono perché sono affamate.
REGIA: Ben Younger
ANNO: 2006
GENERE: Commedia romantica (ma non troppo)
VOTO: 7
QUANTO è SUPERIORE MERYL STREEP AL 90% DELLE ATTRICETTE DI OGGI: 10
CONSIGLIATO A CHI: Vuol passare una piacevole serata davanti allo schermo in buona compagnia senza scervellarsi troppo.

TUTTI I FILM RECENSITI IN ORDINE ALFABETICO

Per pura comodità mia e vostra tutti i titoli saranno elencati con il loro titolo di uscita nelle sale italiane (per quanto io odi i titolisti italiani). é ovvio che i film non usciti in Italia avranno il loro bel titolo in lingua originale (se possibile per i titoli orientali indicherò il titolo inglese per non fare troppa confusione). Per i titoli che iniziano con un numero li potete trovare tutti alla lettera A senza tanto impazzire. Gli articoli non sono considerati come prima lettera di un titolo.
Se qualche link non funziona chiedo perdono e la vostra segnalazione potrebbe servire a qualcosa!
A fianco del titolo potete trovare (come ben vedete) il mio voto (in decimi) e l'anno di uscita nelle sale italiane.

A
30 giorni di buio voto: 7 (2008)
10000 A.C. voto: 1  revisione: 1(2008)
"1408" voto:7,5 (2007)
2061: Un anno ecceziunale voto:3 (2007)
Addestramento di base voto:10 (1971)
Aelita- The Queen Of Mars voto:9 (1924)
After Life voto:9 (1998)
Alexander voto Leo: 10+ Voto Deneil: 7/8 (2004)
Alien Vs Predator voto:3 (2004)
L'altra donna del Re voto:7-  revisione: 6 (2008)
Un' altra giovinezza voto: 8 (2007)
American History x voto:7 (1999)
Un amore di testimone voto: 5,5 (2008)
Assault On precint 13 voto:4 (2005)
Avatar voto: 10- (2010)

B
Il bacio della pantera (original) voto:6,5 (1943)
Il bacio della pantera (remake) voto:3,5 (1982)
Basil l' investigatopo voto:8 (1986)
La battaglia di Algeri voto:6+ (1966)
Bee Movie voto:7 (2007)
Bianco e nero voto:6,5 revisione:5,5 (2008)
Blade 2 Voto Leo:7+ (2002)
Brivido voto: 1 (1986)

C
Il cavaliere oscuro voto Den:7/8 voto Leo:9,5 (2008)
Chi ha paura di Virginia Woolf voto:9 (1966)
Chiken Little voto:7 (2005)
Cittadino dello spazio voto: 8 (1955)
Come d' incanto voto:8 (2007)
Le conseguenze dell'amore voto:10+ (2004)
Cronos voto: 7 (1993)

D
Dark Star voto:10 (1974)
Destinazione: Terra voto:8 (1953)
Die Hard- Trappola di cristallo voto:8 (1988)
Die Hard- 58 minuti per morire voto:5,5 (1990)
Die Hard- Duri a morire voto:7,5 (1995)
Die Hard- Vivere o morire voto:7 (2007)
Distretto 13: le brigate della morte voto:10- (1976)
Disturbia voto:4 (2007)
Dobermann voto: 6 (1998)
La dolce vita voto: 10 (1960)
Dracula di Bram Stoker voto:10+ (1992)
"Dr Cyclops" voto:7,5 (1940)
Dragonball Evolution voto: 4,5 (2009)

E
E venne il giorno voto: 3,5 revisione: 3 (2008)
El Dorado voto: 7- (1967)
The elephant man voto: 8/9 (1980)
Elizabeth- The Golden Age voto:2-- (2007)
E.T. L'extraterrestre voto:10 (1982)


F
Factory Girl voto:6,5 (2007)
I fantastici 4 voto:4,5 (2005)
Figli dello spazio (i) voto:6 (1958)
Il figlio di King Kong voto:7,5 (1933)

G
Gattaca- la porta dell' universo voto:7 (1997)
Il gattopardo voto:8+ (1963)
The Big Blue- Le grand Blue voto:7 (1988)
Grass: A Nation' s Battle For Life voto:10 (1925)
La guerra di Charlie Wilson voto:8 revisione: 7 (2008)

H
Hancock voto:7,5 (2008)
Hellboy voto Leo:7 (2004)
Hellboy: the golden army voto Leo: 8,5 (2008)
The Hire Series- Star voto:7 (2001)
A History Of Violence voto:9 (2005)
Hitman voto:4 (2007)

I
In amore niente regole voto: 6 (2008)
L'incredibile Hulk voto: 8- (2008)
Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo voto: 7/8 revisione: 8 (2008)
Inseparabili voto:10 (1988)
Into The Wild voto: 8-  revisione: 9 (2008)
Invasione degli ultracorpi voto:9 (1956)
Invasion voto:5 (2007)
Io sono leggenda voto: 7,5  Revisione: 8,5 (2008)
Iron Man voto: 9,5 (2008)

J
John Rambo voto: 6,5 revisione: 7 (2008)
Jumper voto: 5 (2008)
Juno voto: 8 (2008)
Jurassic Park voto: 7,5 (1993)
Jurassic Park III voto: 3+ (2001)

K
King Kong voto:9,5 (1933)

L
Il labirinto del fauno voto Leo:8/9 (2006)
Laureato (il) voto: 10 (1969)
Lock e Stock scatenati pazzi voto:8 (1999)

M
Maratoneta (il) voto:8 (1976)
Il matrimonio è un affare di famiglia voto: 7 revisione: 7 (2008)
Meteora infernale (la) voto:7 (1957)
Mezzogiorno di fuoco voto:10+ (1952)
Mondo perduto (il) voto:7,5 (1925)
Il mondo perduto- Jurassic Park voto:6/7 (1997)
Il Mostro della Laguna Nera  voto: 8 (1954)
Mr Magorium Emporium voto: 5 (2008)
Mr & Mrs Smith voto:4,5 (2005)

N
Natural disaster- Al centro della Terra voto:2 (2005)
Nella valle di Elah voto:5 (2007)
The New World voto: 7/8 (2006)
Non è un paese per vecchi voto:6,5 e 7++  revisione: 6,5 (2008)
Nosferatu il vampiro voto:6 (1921)
Nosferatu il principe delle tenebre voto:7+ (1979)
Notte brava a Las Vegas voto: 7 revisione: 6,5 (2008)
La notte dei morti viventi voto: 3,5 (1990)

O
Ombra dello scorpione (l') voto:2 (1994)

P
"Il padrino" voto:10+ (1972)
"Il padrino parte II" voto 8 (1974)
"Il padrino parte III" voto: 7- (1990)
I padroni della notte voto:7  revisione: 7(2008)
La pericolosa partita voto:10 (1932)
Persona voto:7/8 (1966)
Il petroliere voto:9  revisione: 7,5 (2008)
Il pianeta delle scimmie (original) voto:10 (1968)
Il pianeta delle scimmie (remake) voto: 3,5 (2001)
Prime voto:7 (2006)
Platoon voto:9 (1986)
Il posto delle fragole voto:10+ (1957)
The prestige voto: 7,5 (2006)
La promessa dell' assassino voto:7 (2007)
Psyco voto:10 (1960)
Psycho voto:3,5 (1998)

Q
Questa notte è ancora nostra voto:4,5 revisione: 3 (2008)
Quinto elemento (il) voto:4 (1997)

R
"Radiazioni bx distruzione uomo" voto:7,5 (1957)
Ratatouille voto:7,% (ridimensionato da un 10 che non tiene assolutamente ad una seconda visione) (2007)
Revolver voto:6 (2005)
Ricerche diaboliche voto:7 (1958)
Rio Lobo voto: 7 (1970)
"I Robinson- Una famiglia spaziale" voto:7 (2007)
Rob Roy voto:7,5 (1995)
Il Ruggito del topo voto:8 (1959)

S
Saw IV voto: 4 revisione: 2 (2007)
Senso voto: 7/8 (1954)
Il settimo sigillo voto:10+ (1956)
Sex and the city voto: 7- (2008)
Shoot'em up-Spara o muori voto: 8,5 revisione: 7+ (2008)
Shrek terzo voto:8 (2007)
Il signore degli anelli- La compagnia dell' anello voto:8,5 (2001)
Il signore degli anelli- Le due torri voto:8,5 (2002)
Il signore degli anelli- Il ritorno del Re voto: 8,5 (2003)
I Simpson- Il film voto: 6,5 (2007)
Snatch- Lo strappo voto:7 (2000)
Sogni e delitti voto:5 (2008)
Lo spaccacuori voto:5  revisione: 6 (2008)
Starship Troopers: la fanteria dello spazio voto: 6,5 (1997)
Starship Troopers 2: gli eroi della federazione voto: 6 (2004)
Starship Troopers 3: l'arma segreta voto: 4,5 (2008)
Step Up 2 voto: 5- (2008)
Stranger Than Paradise- Più strano del paradiso voto:8 (1984)
Stardust voto:7,5 (2007)
Sweeney Todd: il diabolico barbiere di Fleet Street voto:7,5 revisione: 7- (2008)

T
Tarantola voto:7 (1955)
Terrore sul mondo (il) voto:6,5 (1956)
Ti odio, ti lascio, ti... voto:7,5 (2006)
TMNT voto:4 (2007)
Trainspotting voto:9 (1996)
Travolti da un insolito destino nell' azzurro mare d' agosto voto:7/8 (1974)
Travolti dal destino voto:3-- (2002)
Il treno per il darjeeling voto: 7- (2008)

U
L'ultima tentazione di Cristo voto: 9,5 (1988)
Ultimo uomo sulla Terra (l') voto:9,5 (1964)
Undicesima ora (l') voto:8 (2007)
Un dollaro d'onore voto:9 (1959)

V
Vendetta del mostro (la) voto:6+ (1955)
Le vite degli altri voto:10+ (2006)

W
Wall-E voto Deneil: 10- voto Leo: 10 (2008)
Wanted voto: 8 (2008)
World Trade Center voto:5 (2006)

X

Y

Z
La zona voto: 4 (2008)

domenica 8 luglio 2007

BATTISTI LUCIO_MOGOL: SI VIAGGIARE

Attualmente in viaggio, per venerdì avrete nuove recensioni promesso.

Quel gran genio
del mio amico
lui saprebbe
cosa fare
lui saprebbe
come aggiustare
con un cacciavite in
mano fa miracoli
ti regolerebbe il
minimo
alzandolo un po'
e non picchieresti in
testa
cosi' forte no
e potresti ripartire
certamente
non volare ma
viaggiare...Si, viaggiare
evitando
le buche piu' dure
senza per questo
cadere nelle tue
paure
gentilmente
senza fumo
con amore
dolcemente viaggiare
rallentando
per poi accellerare
con un ritmo fluente
di vita nel cuore
gentilmente
senza strappi al
motore
e tornare a
viaggiare
e di notte
con i fari
illuminare
chiaramente
la strada per saper
dove andare
con coraggio
gentilmente,
gentilmente
dolcemente viaggiare
Quel gran genio
del mio amico
con le mani
sporche d'olio
capirebbe
molto meglio
meglio certo
di buttare riparare
pulirebbe
forse il filtro
soffiandoci un po'
scinderesti poi
la gente
quella chiara no
e potresti ripartire
certamente
non volare ma
viaggiare...
Si, viaggiare
evitando
le buche piu' dure
senza per questo
cadere nelle tue
paure
gentilmente
senza fumo
con amore
dolcemente viaggiare
rallentando
per poi accellerare
con un ritmo fluente
di vita nel cuore
gentilmente
senza strappi al
motore
e tornare a
viaggiare
e di notte
con i fari
illuminare
chiaramente
la strada per saper
dove andare
con coraggio
gentilmente,
gentilmente
dolcemente viaggiare
Si, viaggiare...
dolcemente viaggiare
rallentando
per poi accellerare
con un ritmo fluente
di vita nel cuore
gentilmente
senza strappi al
motore.

sabato 7 luglio 2007

MAXIMUM OVERDRIVE- BRIVIDO


La domanda è: perché?
Perché uno scrittore affermato in grado di vendere anche le sue mutande a peso d’ oro rilegandole con una copertina (ancora più negli anni ’80 che oggi) si decide a dirigere un film tratto da un suo stesso racconto, peraltro già abbastanza debole di suo?
Perché un ingenuo ragazzo compra la videocassetta usata di questa pellicola tirando due euro giù dal cesso?
Perché un pirla si guarda questo film una prima volta con gli amici e la ragazza rimanendone disgustato e decide di rivederlo da solo a distanza di mesi per trovarne dei lati positivi inesistenti?
Perché due tra i dizionari di critica cinematografica più conosciuti in Italia (“Il Morandini” e “Il Farinotti”) valutano questo scempio con 2 stellette su 5 essendo il voto minimo l’1?
Ma soprattutto perché scriverne una recensione dico io?
La risposta è: per nessun motivo intelligente.
Tale Stephen King decise di girare un film nel 1986 tratto da uno dei suoi racconti perché, come noto, infastidito dalla versione cinematografica di “Shining” di un certo Kubrick che non aveva effettivamente rispettato la trama del libro e ne aveva stravolto il significato (fossero tutti così gli stravolgimenti!), perché le ultime pellicole tratte dai suoi romanzi ricevevano giudizi che andavano dall’ imbarazzante all’ inguardabile, perché evidentemente qualcuno gli disse che mettere il suo nome in regia poteva fruttare parecchi soldini (e quelli il buon King non se è mai fatti scappare!).
L’ ingenuo ragazzo comprò la videocassetta consapevole della bruttura di tale pellicola ma all’ epoca era un fan sfegatato dello scrittore e non si sarebbe fatto sfuggire neppure le mutande rilegate (purtroppo per lui non sono mai uscite ma ci spera ancora!).
Il pirla rimane pirla punto e basta.
I due dizionari, come molti altri, presentano tra gli altri difetti (una ricerca dell’ oggettività impossibile da trovare, una valutazione che non si basa sui generi) una mania di completezza che sfiora il ridicolo: per questo molte pellicole come queste non sono mai state realmente viste dai critici in questione (a mio modestissimo parere), ma sono state inserite per questa strana mania raccattando notizie qua e la da qualche sito internet o da chissà dove.
Ma veniamo al punto fondamentale: la recensione.
Dunque, innanzitutto voglio chiarire un punto fondamentale: sono ben consapevole che nel cinema esiste un genere chiamato trash (spazzatura per esser più chiari), al cui interno stanno 2 tipi di pellicole, quelle nate per essere trash (tanto per farvi un esempio “The Toxic Avenger” di cui fornirò una recensione a breve), e quelle nate con buoni intenti ma finite, per un motivo o per l’altro all’ interno del cassonetto. Brivido si colloca purtroppo tra le seconde che sono senza dubbio le peggiori.
Basta ricordare che Stephen King stesso pronunciò all’ epoca dell’ uscita nelle sale americane testuali parole: “Per la cronaca, non credo che il film verrà accolto male dalla critica” anche se per dovere di cronaca bisogna dire che più tardi affermò di aver voluto fare un film spazzatura (chissà perché sono dubbioso sulla sua volontà…).
Altro punto a suo sfavore è il budget, che si aggira incredibilmente intorno ai 10 milioni di dollari (anche se è davvero difficile credere che un obbrobrio del genere possa essere costato così tanto), di cui solo 4 ritornarono nelle casse, infatti dopo il primo ovvio entusiasmo dei fan il film fece un flop mostruoso.
Venendo al film vero e proprio c’ è poco da dire: il passaggio di una cometa vicino all’ orbita terrestre fa impazzire tutti i macchinari tecnologici della Terra, che si rivoltano (ovviamente) contro l’ uomo.
Già questo spunto non è un granchè ma un buon regista forse avrebbe potuto dare quel tocco di b-movie che invece King non riesce a dare impacciandosi tra disastrosi effetti speciali (i camion che mettono le marce da soli fan davvero venir voglia di piangere) e terribili sequenze di noia mortale dove non succede nulla.
Le scene che dovrebbero spaventare lo spettatore oltre ad essere tremendamente ridicole (macchinette servibivande che uccidono un uomo sparandogli una lattina in fronte, schiacciasassi che investono bambini ad una lentezza impressionante, coltelli elettrici che feriscono il braccio di una ragazza, camion che colpiscono e uccidono un uomo colpendolo in retromarcia), sono sottolineate da fastidiosi suoni che ricordano da vicino quelli di Psycho nella scena della doccia.
I personaggi sono così stereotipati che sembra di vedere dei cartonati: il macho salvatore che si innamora della bella e grintosa di turno sono contornati da un uomo grasso, cattivo e dalla risata catarrosa proprietario della stazione di servizio in cui si riparano e da altri inutili personaggi.
Aggiungeteci ora attori inguardabili (tra i meno peggio Emilio Estevez), battute irreali e ridicole pronunciate come se si stesse svelando una grande verità e una regia a dir poco pessima (ci si rovina gli occhi per capire cosa succede nelle scene notturne).
Il tocco finale è dato dal messaggio che King vuole dare allo spettatore: “La tecnologia ci sta per sovrastare! State attenti!” trasmesso in modo così sottile che la parete portante di casa mia non è nulla in confronto.
Dimenticavo di ricordare a tutti gli amanti dell’ horror e dello splatter che il film oltre a non spaventare non ha nessuna scena troppo violenta in quanto furono eliminate per poter avere un più largo bacino di utenza.
Un ultima nota per l’ unica cosa salvabile dell’ intera pellicola: la colonna sonora composta interamente dagli Ac/Dc.
E quindi? E quindi sta a voi: guardatelo se volete vedere come NON si fa un film, statene alla larga per qualsiasi altro motivo! Io ci ho già trascinato quei miei amici la prima volta, e ancora adesso mi chiedo: perché?
REGIA: Stephen King
ANNO: 1986
GENERE: B- Movie (ma anche C e D- Movie), Horror
VOTO: 1
QUANTO è INCONSAPEVOLMENTE TRASH: 10
CONSIGLIATO A CHI è un fan completista di S. King, vuole passare una serata con amici rigorosamente ubriachi (queste pellicole fanno sempre ridere da ubriachi!), è malato nella testa.

giovedì 5 luglio 2007

AFTERHOURS: BALLATE PER PICCOLE IENE


Se i Nirvana non fossero stati stroncati dalla morte di Kurt Cobain oggi suonerebbero così.
L’ ho detto.
Me ne pentirò lo so, perché magari tra qualche ora, giorno, mese, anno, secolo cambierò idea ma almeno saprò di essere stato sincero 5 secondi fa.
Così come sarò sincero nel dirvi che se volete sapere la storia degli Afterhours vi basta cliccare su http://it.wikipedia.org/wiki/Afterhours e avrete la vostra bella pappardella di informazioni (siccome io non mi metto a copiare e incollare certe cose che potete trovare dappertutto: non mi gusta).
Volevo invece farvi sapere cosa sono stati per me gli Afterhours: in un momento in cui ascoltavo meraviglie quali Linkin Park e Papa Roach (non sapete cosa vi siete persi se non eravate adolescenti alla fine degli anni ’90!) mio fratello decise che, evidentemente, era ora che la smettessi di ascoltare robaccia.
Prima cominciò a mostrarmi come tutto ciò che ascoltavo non era altro che la prua ancora a galla di una nave sul punto di affondare (affondò poco dopo, la ricordo bene la scomparsa di quel tizio che viveva col cappellino rosso e i pantaloni a ¾), la cui parte ormai immersa era costituita da gente del calibro di Rage Against The Machine (scioltisi di li a breve), Incubus, Korn e Faith No More.
Poi decise che la mia ignoranza in fatto di rock in Italia era senza limiti e cominciò a farmi ascoltare qualsiasi gruppo degli anni ’90 in Italia gli passasse per le mani: tra gli altri ricordo volentieri i Ritmo Tribale, i Karma, i Fluxus, i Marlene Kuntz (arriveranno recensioni anche per loro) e altri di cui ricordo le canzoni ma non il nome.
Da li cominciai a muovere i primi passi, andai prima verso il grunge e scoprii che molti dei gruppi italiani ascoltati si rifacevano (o semplicemente scopiazzavano) dai maggiori esponenti del genere (Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains per citare i più famosi), poi mi diressi verso il metal (ma questo è un capitolo a parte che affronterò nel corso di successive recensioni), deviai verso il primo rock degli anni ’60 e approdai all’ hard rock degli anni ’70 (e scoprii incredibilmente che il grunge non ne era altro che una rivisitazione il che mi fece pensare che forse forse alcuni gruppi italiani non erano poi così geniali come credevo (cazzo erano copie delle copie!).
Successivamente feci visita anche al country degli anni 50, al primo rock’n roll di Elvis e compagnia bella, alla new wave e all’ hardcore degli anni ’80 e al brit pop degli anni ’90.. ma questa è un’ altra storia.
Eravamo rimasti alla grande scoperta (penso solo per me) del grunge derivativo: ne venne fuori che ridimensionai la maggior parte dei gruppi italiani ma tra i sopravvissuti rimasero gli Afterhours. Perché? Perché il sound degli Afterhours non si rifa ad un solo genere: è certo debitore (soprattutto agli inizi) al suono di Seattle (luogo di nascita del grunge… mai dare nulla per scontato), ma si muove contemporaneamente su binari diversi tra l’ irruenza del punk, la ferocia dell’ hardcore e la poesia di certo cantautorato italiano.
Ciò che più colpisce, infatti (e veniamo finalmente a “Ballate per piccole iene”) è la capacità di Manuel Agnelli, frontman della band e autore dei testi, di creare autentiche poesie stridenti: una canzone apparentemente d’ amore può essere in realtà la più cruda delle accuse (si veda “Ballata per la mia piccola iena”), tra inni alla fine (“è la fine la più importante”) e accuse all’ amore come patologia da estirpare via (“Ci sono molti modi”), rimangono impressi versi pessimisti che non vorresti mai sentire ma che, in momenti di rabbia, ti sembrano più veri che mai (“Ora sai il verbo che nessuno userà/ capita di non farcela). Il tutto è scandito da una voce unica nel suo genere: feroce eppure accogliente, aspra eppure dolce e melodica come poche.
L’ album in questione, mostra una vena ancora più pessimistica del solito di Agnelli e canzoni più dirette rispetto ad album come “(Non è per sempre)” dove si preferiva un approccio più sperimentale in cui ogni traccia andava ascoltata più volte per esser davvero assimilata e apprezzata. In un certo senso si ritorna alla ferocia degli inizi ma, mentre i primi album difettavano di canzoni subito orecchiabili che, con l’andare del tempo, perdevano efficacia, in “Ballate per piccole iene” si è riusciti ad unire il pregio della prima produzione (l’ immediatezza) con quello della seconda (la capacità di farsi riascoltare) grazie a testi sempre più incisivi e all’ aggiunta di violini elettrici e fiati in alcune canzoni, con la conseguente personalizzazione di un sound inizialmente troppo derivativo.
Siccome odio con tutto il mio cuore le recensioni track by track, e non volendo approfittare ancora della vostra infinita pazienza l’ ascolto del disco lo lascio a voi, che è sempre la cosa migliore da fare. Solo il tempo di segnalarvi la splendida “La sottile linea bianca” che inizia come una malinconica ballata e si trasforma lentamente in un miscuglio di chitarre, distorsioni e urla di rara bellezza per poi ritornare all’ origine, il singolo “Ballata per la mia piccola iena”, senza dubbio la canzone più orecchiabile e cantabile dell’ intero lotto (se si può definire canticchiabile qualcosa come: “L’amore rende soli/ Ma è ben più doloroso/ Se per nemici e amici/ Non sei più pericoloso), la Afterhoursiana “La vedova bianca”, e la rabbiosa “Chissà com’è”, infarcita di violini elettrici, forse la migliore rappresentante di ciò che è il gruppo oggi.
Due ultime precisazioni (giuro che poi finisco!). Se pensate che gli Afterhours siano un gruppo adatto per gli adolescenti incazzati, siete fuori strada, anzi siete già nel fosso e state per cascare nel burrone.
L’ album qui recensito non me lo passò mio fratello all’ epoca essendo questo del 2005 ma mi andava di recensire prima questo che altro, non ne conosco il motivo.
Oggi i Nirvana suonerebbero così? Forse no, forse gli Afterhours li hanno già sorpassati da un bel pezzo.
ANNO:2005
GENERE: rock italiano anni ‘90
VOTO: 9
QUANTO SONO SOPRAVVISSUTI GLI AFTERHOURS RISPETTO AD UN ALTRO MILIONE DI GRUPPI ITALIANI SORTI CON LORO: 10
ADATTO A CHI: ama il grunge, il rock italiano degli anni ’90, le chitarre affilate, la voce di Manuel Agnelli

mercoledì 4 luglio 2007

DEAD RINGERS- INSEPARABILI


“Ti ricordi la storia dei gemelli siamesi Bev?”
“Si, Charlie e Ang erano uniti al torace, Charlie è morto d’ infarto nel cuore della notte, era sempre stato il più debole, era quello che beveva troppo, sempre. Quando Ang si svegliò accanto a lui e scoprì che suo fratello era morto, morì anche lui”
“Dead Ringers” pellicola del 1988 di David Cronenberg non può essere riassunto in questo breve raccontino dettato dai protagonisti (in realtà il solo Jeremy Irons) sul finale della pellicola.
“Dead Ringers” può essere considerato a tutti gli effetti il capolavoro di Cronenberg.
“Dead Ringers” se guardato distrattamente può non sembrare una pellicola del famoso regista per la mancanza totale (eccetto una brevissima scena) delle scene alla Cronenberg (mostri che fuoriescono dal corpo, carne che si lacera e corpi che si devastano).
“Dead Ringers” può essere giudicato come una delle migliori prove di Jeremy Irons in assoluto.
“Dead Ringers” non può essere giudicato solo per la sua trama: due fratelli gemelli diventano ginecologi famosi in tutta la città fino a che uno dei due (Beverly) cade in una spirale di droga dopo aver conosciuto un’ attrice anch’ essa drogata e viene seguito a ruota dal fratello (Elliot).
“Dead Ringers” può essere interpretato come simbolo della difficile riacquisizione di un se all’ interno di questa società conformista in cui, piuttosto che cercare di aiutare il prossimo nelle sue paure e di correggerlo nei suoi difetti ci si adatta pian piano al suo modo di vivere.
“Dead Ringers” non può non essere visto come l’ ennesimo lavoro di Cronenberg sulla trasformazione dell’ uomo a contatto del morbo (in questo caso la droga) nel morbo stesso in grado di infettare altre persone.
“Dead Ringers può essere considerato un capolavoro semplicemente prendendo certe scene e guardandole separatamente: il disegno dei nuovi arnesi da ginecologia e la successiva realizzazione, la vestizione di rosso di Beverly prima dell’ ultima atroce operazione (non sto neanche a dirvi il milione di significati che può avere una scena del genere), il meraviglioso finale (che non posso ovviamente raccontare) e altri momenti in cui Cronenberg ci mostra tutta la sua bravura con la cinepresa.
“Dead Ringers non può non essere notato per gli straordinari effetti speciali (per l’ epoca) che permettono la compresenza di Jeremy Irons contemporaneamente nei due ruoli.
“Dead Ringers può esser considerato un ottimo film anche per la grande fotografia di Peter Suschitzky.
“Dead Ringers” può non essere apprezzato dai cultori del Cronenberg più esplicito in quanto qui si gioca sull’ attesa di quello che ci si aspetta dal regista ma che in realtà non avviene mai.
“Dead Ringers” può essere adorato proprio per quest’ attesa che si rivela ogni volta infondata.
“Dead Ringers” non può essere catalogato come fanno alcuni pirla semplicemente come un film horror semplicemente perché è stato girato da D. Cronenberg: non fidatevi mai dei pirla.
“Dead Ringers” come il 90% dei film di Cronenberg può ottenere al massimo un passaggio su rete4 alle due di notte nel meraviglioso panorama televisivo italiano.
“Dead Ringers può avere un altro milione di significati che vi invito a suggerirmi (così dovrete guardarlo per forza!)
“Dead Ringers” in quanto girato da Cronenberg nel 1988 non diventerà mai una pellicola davvero famosa.
“Dead Ringers” merita molto di più di questa recensione ma io preferisco così.
Questa recensione può benissimo essere considerata una cagata ed essere disprezzata per la quasi totale mancanza di un riassunto ben fatto della trama ad esempio, ma se volete riassunti ci sono un milione di dizionari sul cinema e siti (tanto per farvi un nome wikipedia) che possono darveli. Se pensavate di essere su wikipedia le vostre dita sono dislessiche.
ANNO: 1988
REGIA: David Cronenberg
GENERE: Drammatico a la Cronenberg
VOTO: 10
QUANTO è MALATO DI TESTA CRONENBERG: 10
CONSIGLIATO A: Tutti(meno quelli che considerano i film di Vanzina la massima espressione del cinema surrealista)

WHO'S AFRAID OF VIRGINIA WOOLF- CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF


Siamo nel 1966 quando Mike Nichols (divenuto ancora più famoso l’ anno seguente con il classico “ Il laureato”) mostra all’ America puritana del tempo una pellicola destinata a far scalpore. Protagonista una coppia in crisi interpretata dall’ allora splendida Elizabeth Taylor e da Richard Burton, coppia anche nella vita reale. La pellicola mette in mostra in quasi due ore uno squarcio di vita della coppia tra alcool, balli sensuali, litigate furiose e tradimenti.
Il film sconvolge sia per la storia fuori da ogni decenza sia per il linguaggio usato dai due protagonisti che non si addice per niente alle regole di Hollywood.
Una donna capace di sovrastare il marito in ogni situazione (eccetto che per il finale), sgridandolo, dandogli ordini, lasciandolo a piedi nel bel mezzo del nulla e infine tradendolo.
Un uomo che maltratta gli ospiti sfottendoli e umiliandoli confessando i loro più intimi segreti.
Una coppia (i protagonisti) sposata perché lui sperava di ereditare il posto di capo facoltà del padre di lei.
Un’ altra coppia (gli ospiti) sposata perché “lei era gonfia anche se dopo si sgonfiò per una gravidanza isterica” e per la dote di lei.
Insomma si parla di una pellicola del 1966 che potrebbe benissimo essere prodotta oggi per la sua modernità, per la sua capacità di mettere in scena problemi di coppia già allora esistenti ma di cui si faceva volentieri a meno di parlarne.
Aggiungete a tutto ciò un’ equilibrata quanto sconcertante incertezza tra ciò che è verità e ciò che è finzione: siamo sicuri che esista davvero un figlio di Martha e George (Taylor e Burton)? Siamo sicuri che questa notte non sia un qualcosa di comune per la loro vita? Siamo sicuri dell’ odio tra i due?
5 oscar (alla Taylor e a Sandy Dennis, fotografia in bianco e nero, scenografia e costumi) per un film fuori da ogni tempo, una di quelle pellicole di cui non si può scrivere una recensione senza cadere nella trappola dell’ ovvietà, io ci ho provato e spero di avervi convinto ma credetemi vederlo è tutt’ altra cosa che sentirne parlare.
ANNO: 1966
REGIA: Mike Nichols
GENERE: Drammatico
VOTO: 9
QUANTO è MODERNO: 10
CONSIGLIATO A CHI ama il cinema in bianco e nero, le interpretazioni magistrali, i sottili giochi psicologici.

WANDAFURU RAIFU- AFTER LIFE


Dopo la vita.
Quanti libri, film, canzoni, programmi tv, pubblicità avete letto, ascoltato, visto sull’ argomento? Sono più credibili Bonolis e De Laurenti con il loro caffè o il racconto dell’ ultimo viaggio dell’ insaziabile Ulisse? Non credete a nessuno dei due? Bene, perché potrebbe essere tutto diverso.
Immaginate: uomini, donne, bambini entrano da una porta al di là della quale c’ è solo nebbia e vengono indirizzati a una stanzetta da una donna in portineria. Qui si entra uno ad uno e spetta a un giovane ragazzo (tale Shiori) dare la brutta notizia : “You died yesterday”.
Nessuno è particolarmente sconvolto, qualcuno chiede dubbioso dove sta l’ Inferno, se dopo la morte ci sia solo questa misera cascina tra i boschi, così il ragazzo prosegue con le spiegazioni: oggi è lunedì ed entro mercoledì ognuno dovrà scegliere il migliore ricordo della propria vita, dopo di che si lavorerà per riprodurre questo momento in cui il defunto interpreterà se stesso come se fosse la scena di un film, sabato la pellicola prodotta sarà visionata dal protagonista della vicenda che potrà così entrarvi e passare l’ eternità nel momento più felice della sua vita.
Niente fantasmi costretti a compiere buone azioni per andare in Paradiso, niente anime dannate per l’ eternità, niente di niente. Solo la scelta di un meraviglioso ricordo. Solo? I più sono dubbiosi sulla scelta: tra un viaggio a Disneyland, un incontro con i soldati Americani e chi, come Ichiro (l’ altro protagonista della pellicola), è incapace di scegliere nonostante affermi di avere avuto una vita felice, rendendosi conto solo più tardi di avere vissuto semplicemente “così così”.
Hirokazu ci mostra tutto ciò con una regia quasi documentaristica per i piccoli movimenti imprecisi tipici di questo genere, per la quasi totale assenza di una colonna sonora e con un cast costituito non solo da attori ma anche da gente comune.
Già perché quello che stupisce in questa pellicola non è solo l’ originale trama a cui si intreccia una storia d’ amore d’ eccezione (niente scene strappalacrime, qui siamo su un altro livello), ma anche il modo in cui il regista ci offre il tutto in maniera più che realistica: piccoli particolari come il cartellino che indica il bagno occupato o la Luna piena osservata da Shiori che si rivela infine un semplice effetto di scena ci fanno notare come tutto sia estremamente vero ma al contempo tutto sia finzione.
Vero proprio come gli effetti per il “making of” dei ricordi (senza dubbio tra i momenti migliori della pellicola), veri e propri film dentro il film. Per rendere in modo realistico una scena in tram, ad esempio, alcune persone fanno oscillare il veicolo fermo, mentre una musicassetta e alcuni rumoristi riproducono i rumori della città. Effetti d’ altri tempi, niente blue screen o tecnologie incomprensibili ai più, “solo” un meraviglioso cinema artigianale.
Finto esattamente come può esserlo un ricordo, modificato dagli anni, abbellito sempre più fino a farlo diventare il miglior ricordo della nostra vita.
In attesa dell’ ennesimo remake americano senz’ anima con location straordinarie, effetti speciali costosissimi e attori strapagati (ma nessuno è paragonabile alla vecchina adorabile amante della natura di questa pellicola), godetevi questa pellicola, metafora del potere del cinema di rendere immortale un singolo momento.
ANNO: 1998
REGIA: Hirokazu Kore- Eda
GENERE: Sinceramente non saprei, ditemi voi!
VOTO: 9
QUANTO è SUPERIORE AL 90% DELLE PELLICOLE SU PARADISO, ANGELI E VITA EXTRATERRENA: 9
CONSIGLIATO A CHI vuole avere finalmente qualcosa di originale tra gli innumerevoli remake, biopic e film tratti da fumetti e libri di Hollywood.

GATTACA- LA PORTA DELL' UNIVERSO

Fantascienza.
Ne esistono più modelli: c’ è quello che si basa sugli alieni cattivi, quello sugli alieni salvatori, quello sui pericoli derivanti dal nucleare (insetti giganti e altre amenità simili), quello che si basa sull’ eroe di turno che sconfigge il malvagio di turno (vedi “Demolition Man”, ma ho paura a chiamarla fantascienza), quello che si basa su effetti speciali incredibili ma che sotto sotto non ha niente (chi ha visto “La guerra dei mondi” di Spielberg sa di cosa parlo) e quello più introspettivo che usa questo genere per fare riflessioni profonde sul livello di degrado della società di oggi.
In questo caso ci si trova all’ interno dell’ ultimo modello: in una società di “un futuro non troppo distante” si sa fin dalla nascita a quali malattie e a quale morte andrà incontro il bambino così, per evitare tutto ciò, il concepimento avviene per via artificiale in modo da eliminare ogni difetto. Vincent (da adulto interpretato da E. Hawke) nato ancora in modo “naturale” si mette però in testa che lui riuscirà ad andare nello spazio (privilegio concesso solo ai perfetti come suo fratello), ma tutto il suo allenamento e il suo studio non servono a nulla in una società in cui nessuno si guarda più in faccia e il colloquio di lavoro è costituito da un’ analisi del sangue.
Ma il ragazzo non si arrende e trova infine un metodo per entrare all’interno di Gattaca (la società in cui vivono i nati geneticamente): si sostituisce a tale Jerome (un ottimo J. Law) rimasto invalido e con il suo aiuto riesce ad introdursi nella nuova società.
Nella seconda parte della pellicola si ha purtroppo un cedimento perché si passa ad una sorta di caccia all’ uomo in cui Vincent trova sempre nuovi metodi per scappare agli ossessionanti controlli di Gattaca fino al finale (sta a voi decidere se lieto o meno).
La trama, come avete ben capito, non è originalissima ma Andrew Niccol alla sua prima regia riesce a dare una buona prova grazie a buoni attori (in particolare la fredda Uma Thurman e Jude Law sono perfetti nei loro ruoli), a buoni dialoghi e ad un’ attenzione particolare posta ai colori e ai movimenti di camera: entrambi sono freddi, statici, perfetti e ben rappresentano questa società impersonale. L’ unico momento in cui i la telecamera assume una posizione “diversa” è, guardacaso, il momento in cui la Thurman e Hawke si trovano a letto.
L’ attenzione del regista è tutta volta a rappresentare la glacialità dei rapporti in Gattaca e la discriminazione che ha superato il colore della pelle, la nazionalità, il come sei ma che si basa sul dna e sul come si è nati, è “la discriminazione elevata a sistema” come ci suggerisce Vincent.
La regia è poi attenta al sacrificio giornaliero di Hawke, costretto a dover stare attento ad ogni minimo particolare per poterla fare franca, e al rapporto di odio- amore- invidia con il fratello in cui però è il fratello perfetto ad invidiare quello imperfetto.
A mio parere viene invece trascurato il personaggio di Law, senza dubbio il più interessante di tutti, ma a cui manca uno spessore che, soprattutto nel finale, avrebbe giovato all’ intera pellicola.
Insomma che dire? La pellicola raggiunge la sufficienza piena (anche grazie alle splendide musiche di Michael Nyman) ma non riesce ad elevarsi al di sopra per alcune mancanze, soprattutto per quanto riguarda la profondità con cui i temi vengono affrontati, dovute proprio a questo voler accostare più tematiche (il problema della genetica, il rapporto tra fratelli, il personaggio travagliato di Law) insieme in meno di due ore.
ANNO: 1997
REGIA: Andrew Niccol
GENERE: Indovinate un po'? Fantascienza!
VOTO: 7
QUANTO è SUPERIORE A CERTI POLPETTONI FANTASCIENTIFICI COLMI DI EFFETTI SPECIALI: 9
CONSIGLIATO A CHI ama la fantascienza ma non vuole perdersi tra sparatorie futuristiche, tripodi e insetti giganti.