venerdì 25 settembre 2015

BUIO TOTALE

Questa recensione è stata scritta il 20 febbraio 2012 e rivista completamente il 25 settembre 2015


Chiariamo subito: le prime 150 pagine di Notturno sono tra le peggiori pirlate fantascientifiche che io abbia mai letto, visto e immaginato.
Non per colpa di chissà quale traduzione orripilante (vedi Urania), taglio becero (vedi Urania) o edizione con le pagine di carta igienica gialla che si staccano dalla copertina mentre leggi (vedi… Urania).
Semplicemente la prima lunga parte intitolata “Crepuscolo” è l’antilibro, “Il manuale per come non scrivere un libro di fantascienza”, il “Plan 9 From Outer Space” della narrativa fantascientifica.
Lasciate perdere la questione “racconto allungato” che lo riguarda (operazione già fin troppo discutibile), quel che non va in Notturno è qualcosa di molto più grave della famosa “buona idea sfruttata male”.
“Crepuscolo” (e in larga parte l’intero tomo) è a tutti gli effetti un concentrato di banali errori dilettantistici che ti potresti aspettare dal signor Pinco Pallo alle prese con il suo primo romanzo, non da due scrittori di fantascienza affermati di cui uno è considerato (a ragione) uno dei Padri fondatori.
Qui si parla di 150 pagine colme di personaggi insignificanti che parlano e si muovono come marionette scassate su di una scenografia fatta con la cartapesta e il vinavil stile “recita di Natale all’asilo” (nemmeno all’oratorio), una scenografia che talvolta traballa a tal punto da far venire serissimi dubbi al lettore sui suoi presunti scrittori.
Uomini, questi ultimi, che si premurano in una breve introduzione di chiarire che non verranno usate strane parole inventate per questo pianeta alieno, ma che, dopo poche pagine, si ritrovano a scrivere di un bar dove vengono serviti cocktail impronunciabili ispirati ai nomi dei cinque soli che illuminano questo immenso cartapestaio che è Kalgash.
Uomini che, con la finezza e la perizia di un bambino di 4 anni impegnato a disegnare il ritratto della propria mamma (solitamente un tondo con due puntini per gli occhi e una righetta per la bocca…aggiungiamoci un punto per il naso), costruiscono i personaggi dai nomi improbabili di un romanzo probabile solo (forse) sul piano scientifico.
Uno scritto che vorrebbe essere fantascientificamente sconvolgente ma che si mostra in realtà come un incrocio mal riuscito tra un apocalittico, un giallo (abbandonato a metà) e un post-apocalittico dove la tensione non ha un climax ascendente: semplicemente ad un certo punto esplode in picchi irreali per poi riaffondare al di sotto della Fossa delle Marianne.
“Crepuscolo” in particolare, ci tengo a ribadirlo, è una nota dolente fatta di banalità sconcertanti e svolte impreviste quanto l’uovo di Pasqua a Pasqua, ma l’intero romanzo soffre di un impianto narrativo costruito (perdonatemi l’eufemismo) con quel buco del corpo maschile che non è la narice o l’orecchio (e non parlo dell’ombelico).
Asimov e Silverberg saltano continuamente a piè pari interi passaggi di narrazione per poi farne un sunto mal riuscito nelle pagine successive e si ritrovano chissà come sul finale con un centinaio di cose da chiarire (Amgando?) che non verranno mai chiarite, con una decina di personaggi eliminati per pure esigenze di copione o semplicemente scomparsi, ma soprattutto con due protagonisti di cui non sanno che farsene.
Non anticiperò nulla, ma quale senso ha la svolta finale?
Non poteva qualche anima di buon cuore far presente al Basettone e a Silverberg che c’è una differenza sostanziale tra un finale aperto e un non finale tranciato a metà con la grazia di un’ascia male affilata?
Da cosa è dettata la scelta di Theremon e Siferra?
È come se domani, che ne so, Berlusconi diventasse segretario del Pd perché ha scoperto che i Comunisti non mangiano i bambini.
Vi sembra ragionevole?
Se si comprate Notturno, non ve ne pentirete.

PS: Evito di commentare gli ammiccamenti al lettore con la storia di un pianeta con un unico sole perché sono una brava persona e perché in fondo il paragrafo post apocalittico ambientato sull'autostrada qualche brivido me l'ha regalato.

NIGHTFALL- NOTTURNO
ANNO: 1990
AUTORE: I. Asimov, R. Silverberg
GENERE: Fantascienza
VOTO: 4

mercoledì 9 settembre 2015

SUL FATTO DI ESSERE CARINI

 
"Carino" non è un bell'aggettivo.
Pensate alla ragazza carina della compagnia che avete conosciuto l'altra sera/l'altro anno/l'altro secolo, qualcuno se la ricorda? Si, vi ricordate quella figa e quella bruttissima, quella col cervello fino, quella col culo grosso e quell'altra che di grosse aveva solo le tette, ma quella carina chi era? Aveva un bel viso certo, ma un po' anonimo, aveva dei begli occhi, ma un po' slavati, non era grassa e non era neanche magra e si vestiva sicuramente meglio della tettona dalla scollatura imbarazzante, ma sembrava appena uscita dalla Benetton con il primo maglioncino tinta unita consigliato dalla commessa. Insomma era solo carina e ve la siete dimenticata.
Ora provate a ripensare all'ultima commedia romantica americana che avete visto al cinema. Vi siete fatti due mezze risate, avete pensato per un attimo "quello/a potrei essere io", avete immaginato la vostra vita come se viveste in un film Hollywoodiano quindi siete usciti dal cinema e avete detto: "Carino". E due giorni dopo ve lo siete scordato, trama, attori, titolo e persino quella battuta che vi era sembrata tanto carina.
Tra l'altro su Virgin Radio mentre tornavate c'era quella canzone che faceva..com'è che faceva? Ve la ricordavate fino a mezz'ora fa, eppure era così carina..boh, non importa, la ripasseranno.
Carina era la vostra compagna di classe alle superiori che ha trovato un ragazzo solo all'università (carino anche lui, sia chiaro).
Carina era quella maglietta che avete visto in quel negozio carino che ha chiuso due anni fa da cui non avete mai comprato nulla.
Carini erano quella cover, quelle scarpe, quell'auto, quella casa, quell'armadio, quel lenzuolo, quel gioco e tutto ciò che non avete mai avuto o comunque voluto davvero.
Insomma lo avrete capito: Mali minori è un libro carino.
Si lascia leggere con piacere e alcune delle brevissime storielle che lo compongono suscitano persino una risata, un'occhio lucido (ma non due) e un bel po' di immedesimazione che non fa mai male, ma è difficile spingersi oltre quel maledetto aggettivo di cui è pieno il mondo.
Carino, ed è presto dimenticato.

MALI MINORI
ANNO: 2014
AUTORE: Simone Lenzi
GENERE: Racconti
VOTO: 6,5