venerdì 8 gennaio 2010

TRE CLASSICI UN MITO: STARSHIP TROOPERS

Due settimane di vacanza e si riprende...con un perdonabile giorno di ritardo.

STARSHIP TROOPERS: LA FANTERIA DELLO SPAZIO

STARSHIP TROOPERS 2: HERO OF THE FEDERATION- STARSHIP TROOPERS 2: GLI EROI DELLA FEDERAZIONE

STARSHIP TROOPERS 3: MARAUDER- STARSHIP TROOPERS 3: L’ARMA SEGRETA



A vedere certi film a volte ci si fa un torto.
Quelle pellicole con cui si è cresciuti, che si sono viste una o mille volte ma che inevitabilmente (e a volte inspiegabilmente) rimangono nella memoria.
Passano settimane.
Mesi.
Anni.
E ogni giorno il nostro simpatico cervelletto sovraccarico di immagini e ricordi di ogni genere si diverte a cancellare, ingigantire e reinventare particolari su particolari.
Io Starship Troopers lo ricordavo più o meno così: quel film che ci sono gli insettoni giganti su un pianeta e gli uomini vanno per ucciderli ma vengono tutti smembrati brutalmente.
Grossolanamente sarebbe anche accettabile come storiella da raccontare al bar il mattino dopo.
Non grossolanamente e rivedendolo almeno 8 anni dopo l’ultima volta si scoprono elementi più o meno incredibili per i miei ricordi annebbiati.
Innanzitutto Verhoeven regista, lo stesso malato di mente di quegli altri due cult visti e stravisti da bambino di nome Robocop (quello che lui all’inizio lo maciullavano e poi tornava mezzo robot e uccideva tutti e c’avevo anche il gioco dell’Amiga) e Atto di Forza (quello con Schwarzenegger che andava su marte e alla fine c’era la scena che lui si salvava con tutte le vene in testa che gli stavano per scoppiare e, particolare non trascurabile, una donna con tre tette).
In secondo luogo l’anno di uscita: il 1997, non così vecchio come pensavo.
Infine, cosa (forse) più importante, il film.
Quello con gli insettoni sul pianeta alieno che smembravano tutti si, ma soprattutto quello che nella prima ora ci mostra un futuro molto Robocopesco in cui scene di addestramento militare per la fanteria spaziale si alternano a folli slogan per il reclutamento sui fantomatici schermi delle tv del futuro.
Quello in cui a recitare sono chiamati i peggiori bellocci da Beverly Hills che Verhoeven potesse trovare sulla piazza e in cui gli effetti speciali (eccezion fatta per gli insettoni, mostruosi e credibili) sono al livello di uno Star Trek qualsiasi degli anni ’80.
Quello che a vederlo oggi è uno dei film di fantascienza più stranamente trash che si possano immaginare: con quei modelli e modelle che si aggirano per lo schermo con battute da film di serie C ed espressioni da telenovela nello spazio.
Ci sarebbe da ridere per ore ma Verhoeven mette qualcosa in quegli “spot- slogan” militareschi che inquieta.
O meglio.
È qualcosa che stona.
Quasi si volesse fare un film volutamente trash e pieno di messaggi fin troppo espliciti (qualcuno su internet ha il coraggio di parlare di sottili metafore… manca solo il faccione di Verhoeven che urla al pubblico quel che pensa dell’esercito e degli Usa in generale ed è un documentario di Michael Moore!) per prendere in giro a sua volta un modo di fare cinema (quello della fantascienza anni ’30 prima e anni ’80 poi) volgarmente americano.
Il dubbio che Verhoeven ci faccia o ci sia (da quel che ricordo ora di Robocop e Atto di Forza) rimane e forse si rafforza.
Quel che è certo è che Starship Troopers rimane un film sicuramente particolare nel suo genere, direi anche “difficilmente giudicabile” data l’assurda volontarietà di cadere nel ridicolo-spazzatura in ogni suo elemento.
Non ci vuole molto coraggio a dire che se fosse stato girato dalla Troma (dico Toxic Avenger ) e non voglio aggiungere altro) un film come questo sarebbe entrato di diritto nell’olimpo dei film caciaroni visibili solo in gruppo sotto l’effetto di troppo alcool.
Il fatto che sia stato girato da Verhoeven lo ha trasformato invece in un cult di (ormai) altri tempi in cui molti (compreso me stesso) sono sviati dal vedere qualcosa di così grossolanamente brutto e famoso e doverci cercare obbligatoriamente un significato nascosto o almeno una volontaria tendenza alla spazzatura.
Apro e chiudo una parentesi che tanto parentesi non è: il discorso fatto negli ultimi 2 capoversi è il simpatico sunto di quel che penso di molti film di registi ormai diventati intoccabili per una critica pecorona che non sa far altro che ripetersi e attorcigliarsi su se stessa in un elogio dei soliti noti. Tutto ciò, se proprio vogliamo ricordarlo, è anche il motivo per cui ho aperto questo blog.
Chiusa parentesi.
REGIA: Paul Verhoeven
ANNO: 1997
UNA PAROLA: Trash d'autore?
VOTO: 6,5



Uno degli elementi che differenzia maggiormente questo primo episodio dal secondo capitolo di cui ho scoperto l’esistenza solo un anno fa è proprio questo: Starship Troopers 2 non è trash.
Almeno non come il primo episodio.
E non ha gli attorucoli, non ha gli effettacci speciali (su questo molti su internet dissentono ma il dubbio che il loro sia solo attaccamento emotivo (e pecorone) per il primo capitolo è forte) e nemmeno un po’ di ambiguità.
Si farebbe prima a dire l’unica cosa in comune delle due pellicole per cui qualcuno quasi dieci anni dopo è riuscito a tirar su ancora qualche soldo sfruttando un marchio abbastanza famoso: gli insettoni.
Detto questo Starship Troopers 2 è tutt’altro.
A volerlo descrivere con tre parole si potrebbe dire Alien, Pitch Black e Tremors.
Alien: nell’ambientazione cupa e claustrofobia che la pellicola assume per tutta la sua durata e nel particolare tipo di insetto che infesterà questi ultimi uomini sopravvissuti.
Pitch Black: nei colori bui e oscuri e se vogliamo nel protagonista “fuorilegge” muscoloso e dalla voce ruvida (fa quasi impressione pensarlo poi in Desperate Housewifes nei panni del normalissimo maritino Karl Mayer).
Tremors: solo e soltanto nei radar che segnano l’avvicinamento degli insettoni.
Starship Troopers 2 è molto più classicamente sci-fi-horror di media categoria del suo predecessore: gli attori sono tutti più o meno buoni, la storia si fa più """"introspettiva"""" (meno battaglie a viso aperto e più momenti di mistero-tensione-riflessione) e nonostante alcune buone sorprese tutto si può ricondurre a qualcosa di già visto e stravisto.
REGIA: Phil Tippet
ANNO: 2004
UNA PAROLA: scontato
VOTO: 6


Infine Starship Troopers 3.
Quel che più incuriosisce di questo terzo capitolo è la ripresa della storia dalla fine del primo, come se il secondo episodio non fosse mai esistito.
Sarebbe anche quasi lecito (non è sicuramente la prima volta che qualcuno se ne infischia di seguiti vari per far riprendere la storia dove si vuole) ma la presenza di Neumeier come regista e sceneggiatore fa un po’ sorridere dato che lo stesso Starship Troopers 2 era stato comunque scritto da lui.
Lavaggio del cervello?
Molto più probabilmente e semplicemente il ritorno di Verhoeven alla produzione.
E così riecco il benedetto Rico far capolino nuovamente sullo schermo con la stessa faccia di tolla di Casper Van Dien che nel frattempo ha quasi imparato a recitare.
Per il resto mancano tutti, ma basta la sua presenza per portare tutti indietro nel tempo.
Non fosse che.
Gli effetti speciali con un budget evidentemente ridicolo rispetto al primo episodio sono ancora più penosi per quanto riguarda le navicelle (quelle del 1997 erano veramente pessime, ma queste in rapporto all’anno di produzione del film sono terrificanti) e inguardabili per quanto riguarda gli insetti (nel secondo episodio a fronte di un budget ridotto si erano intelligentemente evitate scene che richiedevano troppo impegno “visivo”)
Le scenografie sono di polistirolo, le armi di gommapiuma, i dialoghi spazzatura.
Gli attori pessimi come ai bei vecchi tempi e quel tocco di humour da film della Troma (la vanga che trancia in due il soldato nella scena iniziale è quanto di più trash io abbia visto dopo Dude Postal che si divertiva a far sotto bambini e vecchiette!) da il colpo finale.
Starship Troopers 3 non sarebbe neanche un brutto film a volerlo spogliare di un qualche centinaio di difetti ma ne rimarrebbe uno scheletro sottile sottile fatto di rimandi al film di Verhoeven (le trasmissioni tv propagandistiche del futuro) e al libro Starship Troopers di Robert A. Heinlein di cui questo terzo episodio riprende uno dei temi più cari non affrontati da Verhoeven: le tute potenziate.
Che poi queste tute potenziate diventino nel finale il pretesto per una delle scene più tamarre e ridicole che io abbia mai visto in un film di fantascienza (dico solo: Padre Nostro in sottofondo, robottoni giganti con lanciafiamme che incendiano insetti giganti e un ralenty di quelli che solo Emmerich nei momenti migliori…) è tutt’altra storia.
Non c’è mai fine al peggio si dice.
Magari un bell’episodio in 3d…
REGIA: Edward Neumeier
ANNO: 2008
UNA PAROLA: trash e basta.
VOTO: 4,5