sabato 15 settembre 2007

LE GRAND BLEU


Oggi ho visto un film per caso.
Alla ricerca di documentari sul mare e le immersioni subacquee per cercare di capirci qualcosa di più insieme alla mia ragazza di quell’ immenso e meraviglioso altro mondo che è l’ oceano, mi sono imbattuto in questo “Le Grand Bleu”, opera terza di quell’ americanaccio francese che è Luc Besson.
Giovane appassionato dal mare a tal punto da voler diventare biologo marino Luc Besson dovette abbandonare il suo sogno a causa di un tragico incidente che lo costrinse a dirigersi verso altri orizzonti quale quello cinematografico, che decise di intraprendere intorno ai 20 anni trasferendosi in America per studiare al meglio le più avanzate tecniche di ripresa per poi far ritorno in Francia al momento del suo debutto.
Regista criticato dai più proprio per quel suo vizietto di voler fare cinema all’ “Americana” in un’ Europa dedita per lo più a film d’ autore, di Luc Besson in Italia si conoscono per lo più le tre grandi pellicole girate tra il 1990 e il 1997: “Nikita”, “Leon” e “Il quinto elemento”.
Appunto, in Italia.
Se si vuole dare uno sguardo al di fuori dei nostri ristretti confini (che non fa mai male) si scoprirà così che nel 1988 Luc Besson, dopo due film di culto in Francia come “Le dernier Combat” e “Subway”, presentò al festival di Cannes un certo “Le Grand Bleu”, il quale finalmente acquisì tutte la classiche caratteristiche di un film a la Besson: grandi immagini, grandi attori, grandi budget (per l’ Europa si intende) e soprattutto giudizi negativi dalla critica specializzata (mi fa sempre un po’ ribrezzo questa parola..) e grande successo tra i comuni mortali (che sono quelli che non hanno l’ adesivo con scritto “critica cinematografica” sulla fronte) e tra i giovani.
Attenzione: 1988.
Dopo aver effettuato il doppiaggio e ormai pronto all’ uscita nelle sale italiane “Le grand Bleu” viene bloccato dal signor Enzo Maiorca, “semplicemente” uno dei più grandi apneisti al mondo, capace di battere record su record negli anni ’60, che si ritiene offeso per la rappresentazione che Jean Reno da di lui (anche se nella pellicola si chiama Enzo Molinari) all’ interno della pellicola.
Stop!
Quale rappresentazione? Di chi? Ma di cosa parla questa pellicola? Perché? Come? Dove? Quando? In che modo? L’ assassino è il maggiordomo?
Andiamo con ordine.
La pellicola può essere divisa facilmente in tre parti.
La prima racconta la storia dei giovanissimi Enzo Molinari e Jacques Mayol, due amici-rivali amanti del mare e dediti alle nuotate in apnea fin da piccoli, nella loro minuscola e splendida isola greca e si conclude con la tragica morte del padre di Jacques per un fatale incidente occorsogli proprio in mare, durante una rischiosa pesca subacquea con attrezzature a dir poco cadenti.
Questo primo frammento è girato interamente sul blu: il mare, le persone, i paesaggi non presentano alcun colore che non sia un blu leggermente sfocato che ci fa comprendere fin dai primi minuti l’ amore di Besson per l’ oceano: così come Luc dovette abbandonare la patria per dimenticare il dolore di un sogno infranto, così anche Jacques decide di abbandonare l’ isola (anche se quando a noi spettatori non è dato saperlo).
La seconda parte ci presenta i nostri due protagonisti ormai divenuti adulti: l’ italianissimo Enzo, con quel fare da “ci penso io, non c’ è problema, il mio mestiere è arrangiarmi! ” che gli americani (e anche qui si vede la formazione cinematografica di Besson) sono soliti appiccicare al classico italo americano un po’ sbruffone (ed è questo il motivo della rabbia di Maiorca) e il freddo e distaccato francese Jacques che si diletta in immersioni da professionista al di sotto dei ghiacciai sulle Ande.
Se la storia di Enzo è raccontata in modo sgargiante, colorato, musicale e un po’ esagerato, quella di Jacques è totalmente l’ opposto: la neve e il ghiaccio delle Ande con i loro colori asettici rappresentano la freddezza di un ragazzo ormai diventato adulto che non ha perso il suo spirito bonario ma che sembra perso in un mondo suo, fatto di acqua, acqua e ancora acqua e a cui manca qualcosa che cerca in tutti i modi di recuperare nel contatto con essa.
La terza parte, infine, riguarda l’ eterno rapporto di competizione e amore che si instaura tra i due dopo l’ invito di Enzo a Jacques a partecipare ai campionati mondiali di apnea, dopo anni di distacco, e il conclusivo ritorno all’ isola greca per dimostrare ancora una volta al giovane rivale la propria superiorità e contemporaneamente il proprio amore nei confronti di un ragazzo che sente come suo indiscusso successore a cui insegnare ancora molto. Allo stesso tempo in questa ultima parte ci viene mostrato il modo completamente differente in cui i due campioni si preparano ad affrontare l’ elemento acquatico: Molinari sfida l’ acqua per dimostrare la sua forza, Mayol entra invece in simbiosi con essa, fino al suo totale smarrimento (che altro non è, detto in parole povere, che una semplice narcosi da azoto che può capitare ai subacquei in acque profonde e risulta molto simile ad una forte sbornia).
In questo terzo frammento rientra in gioco il parallelismo con la vita di Besson che, dopo aver studiato all’ estero, rientra in patria per la vera sfida con quello che sente come il suo vero elemento.
Ora c’ è un problema.
Se concludessi qui la mia recensione, come molti hanno fatto, potrei benissimo mettere un bel 9 a questa pellicola, per un’ ottima realizzazione tecnica e una regia capace di trasmettere con pochi elementi (i colori, i paesaggi, le inquadrature) una vita intera dedicata al mare.
Ma sinceramente non me la sento.
Prima di tutto vorrei far notare come tutto sia completamente irreale: certo non pretendo di vedere in un film di Luc Besson qualcosa che non sia semplicemente esagerato ma arrivare al punto in cui uno in apnea va a salvare un subacqueo con le bombole dentro una nave stando sotto per secoli e un altro si immerge a chissà quanti gradi sottozero sotto un ghiacciaio sulle Ande con una muta che va bene appena appena per la Liguria a settembre… beh questo mi sembra persino TROPPO esagerato.
Come secondo punto mi verrebbe da dire che quella espressione da pesce lesso che Jean Marc Barr nei panni di Jacques Mayol si porta a spasso per tutta la durata della pellicola è a dir poco snervante e fuori luogo ma i francesi (e non solo loro) lo adorano quindi molto probabilmente sono io che non capisco.
Terza e ultima critica: in un film che racconta la storia di due dei più grandi apneisti al mondo (Jacques Mayol fu uno dei più grandi rivali di Enzo Maiorca anche nella realtà) perché mai inserire una storia d' amore terribilmente melensa tra Barr e l' odiosa Arquette che centra poco o nulla con tutto il resto? Certo, Luc Besson ci vuole far vedere come nel cuore di Mayol non ci sia posto nemmeno per l' amore, come egli appartenga in toto all' acqua, ma c' era davvero bisogno di vedere la solita giornalista Newyorkese che si innamora del classico solitario misterioso? A mio parere no anche se rimango dubbioso sul fatto che questa donna sia un personaggio completamente irreale, piuttosto che un altro elemento fondamentale nella ricostruzione della vita del regista.
Insomma nonostante “Le grand Bleu” non possa non essere definito come un grande film per tutto l’ apparato di simboli e significati che si porta dietro, nonostante quella comicità burbera che Jean Reno trasporta in ogni suo personaggio che mi fa personalmente impazzire, nonostante Sergio Castelletto sia eccezionale nel ruolo di uno spassoso giudice di gara, nonostante una scena finale di Jacques solo sul suo letto a dir poco da brividi che ci fa capire come l' acqua sia la vera protagonista di questo film, nonostante tutto ciò il voto rimane relativamente basso quasi a confermare la mia idea di pellicola nata come sfogo personale per Besson e molto probabilmente contenente riferimenti ai suoi sogni e alle sue speranze che io (e noi tutti credo) non riesco neanche a immaginare.
2002.
La pellicola esce finalmente in Italia, dopo 14 anni di attesa infinita, dopo la morte del vero Jacques Mayol nel 2001 suicidatosi per depressione e il consenso di Besson a tagliare alcune scene sotto richiesta di Maiorca le quali vengono incluse, insieme ad altre, in una versione estesa della pellicola: un Jean Reno stranamente giovane e con una muta spassosa con i colori della bandiera italiana attende l’ appassionato di cinema italiano davanti alla tv, no Jean Reno non è ringiovanito, semplicemente la distribuzione italiana ha fatto pena ancora una volta.
E no: l’ assassino non è il maggiordomo.
A voi il Trailer!
REGIA: Luc Besson
ANNO: 1988
GENERE: Avventura, drammatico
VOTO: 7
QUANTO è ODIOSA ROSANNA ARQUETTE NEI PANNI DELLA FIDANZATA DI BARR: 8
CONSIGLIATO A CHI: vuole sbizzarrirsi in interpretazioni di colori, immagini, paesaggi, scene, espressioni e chi più ne ha più ne metta (Leo….).

18 commenti:

Anonimo ha detto...

l'avevo sentito nominare, ma non pensavo fosse suo e pensavo fosse un documentario alla piero angela!!!Questa e' scritta decisamente meglio...ciauz
saretta

Deneil ha detto...

Il documentario di Besson è Atlantis, davvero bello, questo è nvece un buon film!Io scrivo sempre belle rece!!!:-))))))

Mthemanager ha detto...

Ewwiwa la modestia...

Deneil ha detto...

e sono er mejo!

Anonimo ha detto...

Ma er mejo de ke a stalin!!
Gabbermafia e tornato e te sfunga er to sitooooo aooooooo
luc besson è nu frosc frances e i attorri so incantapercorini dar primo minudo ar ultilmo
e ripprese su a barca te fa veni voja de buttalli tutti ar mare
voto 1 co scoreggia de lode
voto atte ke te piace er mare 2 co peso de piombo pe immergeti e un sali piu su

Deneil ha detto...

sempre fine nell' esporre i suoi giudizi..

Anonimo ha detto...

Adesso non esageriamo sempre belle rece....
Uh vedo che hai un nuovo amico...Hihi.Ciauz, saretta

Mthemanager ha detto...

E ricomincia...

Anonimo ha detto...

e ricomincio da te ank sinza paroli ma ner mano na ceppa de pilu pe te ke si na zoccola
a mtmaranza ma ridi ke già c'hai un canker aooo
ke un posso di a mia sur filme?

quanto è strapona a fidanzata der cucchiaio parlante 10 cor tanga de cemento
consiliato a ku ar core granne granne ar cafe e nu cazz 'a feire como ar deineile er mtmaranza aoooo

Deneil ha detto...

ti rendi conto che non è più neanche italiano, romano, toscano quello che scrivi?
Sembri jar jar binks di guerre stellari..

Anonimo ha detto...

A jar jar minks m'ai rotto e pall' cu stu pebbenismo aooo
iu parlu assi pikkè io lavoro ie nu cumattia ki scafrassasti a cedda capisti? dio fa si un me piace qa miedda ki recensisti ke diu di ki me piase u stessu? aoooo

Deneil ha detto...

ma figurati se mi devi dire che ti piace lo stesso, non l' ho mai detto e non te lo dirò, non so dove l' hai sognata una cosa del genere.
Comunque anch' io lavoro ma non parlo così..poi puoi anche parlare in ostrogoto però non ti lamentare se non ti capisce nessuno.Sai che menne futte a mia..

Anonimo ha detto...

'mbare sicilianu si? ku facisti al norte?

Deneil ha detto...

di origine...

Luciano ha detto...

Per me uno dei suoi migliori film. Ci sono alcune scene un po' deboli, ma quelle che si soffermano a contemplare il mare e i suoi abissi sono splendide. Ottima recensione.
A presto.

Anonimo ha detto...

To fregatu allorra terrone sej. tornas ia africa terun

Mthemanager ha detto...

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Deneil ha detto...

Luciano tu mi dici tra i migliori?a me ne manca ancora qualcuno poi ti saprò dire..comunque si, le scene contemplative sul mare son meravigliose..e poi come detto secondo me lo spettatore come noi non riuscirà mai a percepire tutti i significati che questo film ha per besson, secondo me c' è davvero molto di lui, quasi una pellicola fatta per se stesso.