Se i Nirvana non fossero stati stroncati dalla morte di Kurt Cobain oggi suonerebbero così.
L’ ho detto.
Me ne pentirò lo so, perché magari tra qualche ora, giorno, mese, anno, secolo cambierò idea ma almeno saprò di essere stato sincero 5 secondi fa.
Così come sarò sincero nel dirvi che se volete sapere la storia degli Afterhours vi basta cliccare su http://it.wikipedia.org/wiki/Afterhours e avrete la vostra bella pappardella di informazioni (siccome io non mi metto a copiare e incollare certe cose che potete trovare dappertutto: non mi gusta).
Volevo invece farvi sapere cosa sono stati per me gli Afterhours: in un momento in cui ascoltavo meraviglie quali Linkin Park e Papa Roach (non sapete cosa vi siete persi se non eravate adolescenti alla fine degli anni ’90!) mio fratello decise che, evidentemente, era ora che la smettessi di ascoltare robaccia.
Prima cominciò a mostrarmi come tutto ciò che ascoltavo non era altro che la prua ancora a galla di una nave sul punto di affondare (affondò poco dopo, la ricordo bene la scomparsa di quel tizio che viveva col cappellino rosso e i pantaloni a ¾), la cui parte ormai immersa era costituita da gente del calibro di Rage Against The Machine (scioltisi di li a breve), Incubus, Korn e Faith No More.
Poi decise che la mia ignoranza in fatto di rock in Italia era senza limiti e cominciò a farmi ascoltare qualsiasi gruppo degli anni ’90 in Italia gli passasse per le mani: tra gli altri ricordo volentieri i Ritmo Tribale, i Karma, i Fluxus, i Marlene Kuntz (arriveranno recensioni anche per loro) e altri di cui ricordo le canzoni ma non il nome.
Da li cominciai a muovere i primi passi, andai prima verso il grunge e scoprii che molti dei gruppi italiani ascoltati si rifacevano (o semplicemente scopiazzavano) dai maggiori esponenti del genere (Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains per citare i più famosi), poi mi diressi verso il metal (ma questo è un capitolo a parte che affronterò nel corso di successive recensioni), deviai verso il primo rock degli anni ’60 e approdai all’ hard rock degli anni ’70 (e scoprii incredibilmente che il grunge non ne era altro che una rivisitazione il che mi fece pensare che forse forse alcuni gruppi italiani non erano poi così geniali come credevo (cazzo erano copie delle copie!).
Successivamente feci visita anche al country degli anni 50, al primo rock’n roll di Elvis e compagnia bella, alla new wave e all’ hardcore degli anni ’80 e al brit pop degli anni ’90.. ma questa è un’ altra storia.
Eravamo rimasti alla grande scoperta (penso solo per me) del grunge derivativo: ne venne fuori che ridimensionai la maggior parte dei gruppi italiani ma tra i sopravvissuti rimasero gli Afterhours. Perché? Perché il sound degli Afterhours non si rifa ad un solo genere: è certo debitore (soprattutto agli inizi) al suono di Seattle (luogo di nascita del grunge… mai dare nulla per scontato), ma si muove contemporaneamente su binari diversi tra l’ irruenza del punk, la ferocia dell’ hardcore e la poesia di certo cantautorato italiano.
Ciò che più colpisce, infatti (e veniamo finalmente a “Ballate per piccole iene”) è la capacità di Manuel Agnelli, frontman della band e autore dei testi, di creare autentiche poesie stridenti: una canzone apparentemente d’ amore può essere in realtà la più cruda delle accuse (si veda “Ballata per la mia piccola iena”), tra inni alla fine (“è la fine la più importante”) e accuse all’ amore come patologia da estirpare via (“Ci sono molti modi”), rimangono impressi versi pessimisti che non vorresti mai sentire ma che, in momenti di rabbia, ti sembrano più veri che mai (“Ora sai il verbo che nessuno userà/ capita di non farcela). Il tutto è scandito da una voce unica nel suo genere: feroce eppure accogliente, aspra eppure dolce e melodica come poche.
L’ album in questione, mostra una vena ancora più pessimistica del solito di Agnelli e canzoni più dirette rispetto ad album come “(Non è per sempre)” dove si preferiva un approccio più sperimentale in cui ogni traccia andava ascoltata più volte per esser davvero assimilata e apprezzata. In un certo senso si ritorna alla ferocia degli inizi ma, mentre i primi album difettavano di canzoni subito orecchiabili che, con l’andare del tempo, perdevano efficacia, in “Ballate per piccole iene” si è riusciti ad unire il pregio della prima produzione (l’ immediatezza) con quello della seconda (la capacità di farsi riascoltare) grazie a testi sempre più incisivi e all’ aggiunta di violini elettrici e fiati in alcune canzoni, con la conseguente personalizzazione di un sound inizialmente troppo derivativo.
Siccome odio con tutto il mio cuore le recensioni track by track, e non volendo approfittare ancora della vostra infinita pazienza l’ ascolto del disco lo lascio a voi, che è sempre la cosa migliore da fare. Solo il tempo di segnalarvi la splendida “La sottile linea bianca” che inizia come una malinconica ballata e si trasforma lentamente in un miscuglio di chitarre, distorsioni e urla di rara bellezza per poi ritornare all’ origine, il singolo “Ballata per la mia piccola iena”, senza dubbio la canzone più orecchiabile e cantabile dell’ intero lotto (se si può definire canticchiabile qualcosa come: “L’amore rende soli/ Ma è ben più doloroso/ Se per nemici e amici/ Non sei più pericoloso), la Afterhoursiana “La vedova bianca”, e la rabbiosa “Chissà com’è”, infarcita di violini elettrici, forse la migliore rappresentante di ciò che è il gruppo oggi.
Due ultime precisazioni (giuro che poi finisco!). Se pensate che gli Afterhours siano un gruppo adatto per gli adolescenti incazzati, siete fuori strada, anzi siete già nel fosso e state per cascare nel burrone.
L’ album qui recensito non me lo passò mio fratello all’ epoca essendo questo del 2005 ma mi andava di recensire prima questo che altro, non ne conosco il motivo.
Oggi i Nirvana suonerebbero così? Forse no, forse gli Afterhours li hanno già sorpassati da un bel pezzo.
ANNO:2005
GENERE: rock italiano anni ‘90
VOTO: 9
QUANTO SONO SOPRAVVISSUTI GLI AFTERHOURS RISPETTO AD UN ALTRO MILIONE DI GRUPPI ITALIANI SORTI CON LORO: 10
L’ ho detto.
Me ne pentirò lo so, perché magari tra qualche ora, giorno, mese, anno, secolo cambierò idea ma almeno saprò di essere stato sincero 5 secondi fa.
Così come sarò sincero nel dirvi che se volete sapere la storia degli Afterhours vi basta cliccare su http://it.wikipedia.org/wiki/Afterhours e avrete la vostra bella pappardella di informazioni (siccome io non mi metto a copiare e incollare certe cose che potete trovare dappertutto: non mi gusta).
Volevo invece farvi sapere cosa sono stati per me gli Afterhours: in un momento in cui ascoltavo meraviglie quali Linkin Park e Papa Roach (non sapete cosa vi siete persi se non eravate adolescenti alla fine degli anni ’90!) mio fratello decise che, evidentemente, era ora che la smettessi di ascoltare robaccia.
Prima cominciò a mostrarmi come tutto ciò che ascoltavo non era altro che la prua ancora a galla di una nave sul punto di affondare (affondò poco dopo, la ricordo bene la scomparsa di quel tizio che viveva col cappellino rosso e i pantaloni a ¾), la cui parte ormai immersa era costituita da gente del calibro di Rage Against The Machine (scioltisi di li a breve), Incubus, Korn e Faith No More.
Poi decise che la mia ignoranza in fatto di rock in Italia era senza limiti e cominciò a farmi ascoltare qualsiasi gruppo degli anni ’90 in Italia gli passasse per le mani: tra gli altri ricordo volentieri i Ritmo Tribale, i Karma, i Fluxus, i Marlene Kuntz (arriveranno recensioni anche per loro) e altri di cui ricordo le canzoni ma non il nome.
Da li cominciai a muovere i primi passi, andai prima verso il grunge e scoprii che molti dei gruppi italiani ascoltati si rifacevano (o semplicemente scopiazzavano) dai maggiori esponenti del genere (Nirvana, Pearl Jam, Alice in Chains per citare i più famosi), poi mi diressi verso il metal (ma questo è un capitolo a parte che affronterò nel corso di successive recensioni), deviai verso il primo rock degli anni ’60 e approdai all’ hard rock degli anni ’70 (e scoprii incredibilmente che il grunge non ne era altro che una rivisitazione il che mi fece pensare che forse forse alcuni gruppi italiani non erano poi così geniali come credevo (cazzo erano copie delle copie!).
Successivamente feci visita anche al country degli anni 50, al primo rock’n roll di Elvis e compagnia bella, alla new wave e all’ hardcore degli anni ’80 e al brit pop degli anni ’90.. ma questa è un’ altra storia.
Eravamo rimasti alla grande scoperta (penso solo per me) del grunge derivativo: ne venne fuori che ridimensionai la maggior parte dei gruppi italiani ma tra i sopravvissuti rimasero gli Afterhours. Perché? Perché il sound degli Afterhours non si rifa ad un solo genere: è certo debitore (soprattutto agli inizi) al suono di Seattle (luogo di nascita del grunge… mai dare nulla per scontato), ma si muove contemporaneamente su binari diversi tra l’ irruenza del punk, la ferocia dell’ hardcore e la poesia di certo cantautorato italiano.
Ciò che più colpisce, infatti (e veniamo finalmente a “Ballate per piccole iene”) è la capacità di Manuel Agnelli, frontman della band e autore dei testi, di creare autentiche poesie stridenti: una canzone apparentemente d’ amore può essere in realtà la più cruda delle accuse (si veda “Ballata per la mia piccola iena”), tra inni alla fine (“è la fine la più importante”) e accuse all’ amore come patologia da estirpare via (“Ci sono molti modi”), rimangono impressi versi pessimisti che non vorresti mai sentire ma che, in momenti di rabbia, ti sembrano più veri che mai (“Ora sai il verbo che nessuno userà/ capita di non farcela). Il tutto è scandito da una voce unica nel suo genere: feroce eppure accogliente, aspra eppure dolce e melodica come poche.
L’ album in questione, mostra una vena ancora più pessimistica del solito di Agnelli e canzoni più dirette rispetto ad album come “(Non è per sempre)” dove si preferiva un approccio più sperimentale in cui ogni traccia andava ascoltata più volte per esser davvero assimilata e apprezzata. In un certo senso si ritorna alla ferocia degli inizi ma, mentre i primi album difettavano di canzoni subito orecchiabili che, con l’andare del tempo, perdevano efficacia, in “Ballate per piccole iene” si è riusciti ad unire il pregio della prima produzione (l’ immediatezza) con quello della seconda (la capacità di farsi riascoltare) grazie a testi sempre più incisivi e all’ aggiunta di violini elettrici e fiati in alcune canzoni, con la conseguente personalizzazione di un sound inizialmente troppo derivativo.
Siccome odio con tutto il mio cuore le recensioni track by track, e non volendo approfittare ancora della vostra infinita pazienza l’ ascolto del disco lo lascio a voi, che è sempre la cosa migliore da fare. Solo il tempo di segnalarvi la splendida “La sottile linea bianca” che inizia come una malinconica ballata e si trasforma lentamente in un miscuglio di chitarre, distorsioni e urla di rara bellezza per poi ritornare all’ origine, il singolo “Ballata per la mia piccola iena”, senza dubbio la canzone più orecchiabile e cantabile dell’ intero lotto (se si può definire canticchiabile qualcosa come: “L’amore rende soli/ Ma è ben più doloroso/ Se per nemici e amici/ Non sei più pericoloso), la Afterhoursiana “La vedova bianca”, e la rabbiosa “Chissà com’è”, infarcita di violini elettrici, forse la migliore rappresentante di ciò che è il gruppo oggi.
Due ultime precisazioni (giuro che poi finisco!). Se pensate che gli Afterhours siano un gruppo adatto per gli adolescenti incazzati, siete fuori strada, anzi siete già nel fosso e state per cascare nel burrone.
L’ album qui recensito non me lo passò mio fratello all’ epoca essendo questo del 2005 ma mi andava di recensire prima questo che altro, non ne conosco il motivo.
Oggi i Nirvana suonerebbero così? Forse no, forse gli Afterhours li hanno già sorpassati da un bel pezzo.
ANNO:2005
GENERE: rock italiano anni ‘90
VOTO: 9
QUANTO SONO SOPRAVVISSUTI GLI AFTERHOURS RISPETTO AD UN ALTRO MILIONE DI GRUPPI ITALIANI SORTI CON LORO: 10
ADATTO A CHI: ama il grunge, il rock italiano degli anni ’90, le chitarre affilate, la voce di Manuel Agnelli
11 commenti:
e bravo deneil! ottima rece.. forse il tuo masterpiece se messa a confronto alle altre musicali anche su debaser.. a proposito.. ma quando torni su debaser a scannarti con gente come il Poletti e company??!! :D..
Byez
muchas gracias por el commento!quel posto è sempre più na fogna ma ogni tanto un salto me lo faccio!almeno qui si discute normalmente..
Agnelli é un grande!
Anni fa, per l'esattezza 4, ero a Cuneo al loro concerto, ero fresco di separazione sentimentale e mi sconvolsi assai. Riuscii a reggere quasi fino alla fine del concerto per poi crollare nel prato. Stavo come i pazzi, deliravo, lui si é avvicinato, mi ha chiesto come stavo e si é fermato mezz'ora a farmi compagnia.
Byez
ti sei espresso molto bene sulla grandezza poetica del mitito manuel agnelli: bene, bravo bis :-)
grazie mille ava e grazie steve!minchia dev'essere stato bello a cuneo(cioè mica tanto poi..)però agnelli che ti parla..be insomma..gran personaggio!
ciao, che bello, un altro fan degli After, sono il mio gruppo preferito. una sola cosa, non credo che "ballata per la mia piccola iena" sia una canzone d'amore, cmq bel post. Ad aprile uscirà il nuovo album, sono in trepida attesa!
Non credevo andassi a ripescare un post così vecchio..fa sempre piacere quando il blog viene spulciato..comunque mi sono riletto la rece (in effetti quasi non la ricordavo!) e su ballata per la mia piccola iena ho chiarito che si tratta di una cruda accusa e non di una canzone d'amore come il titolo potrebbe far credere!ad aprile???non lo sapevo!notizia lietissima!spero che passino di qui in tour che me li vado a vedere..l'ultima volta è stato uno spettacolo!
ottima recensione..dire che c oncordo è dir poco!
eheh..questa rece degli after è sempre una sicurezza..ogni tanto qualcuno va a ripescarla..fa semre piacere!grandi after!
Ma ...è inascoltabile!
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